Regia di Joe Wright vedi scheda film
Torino Film Festival 35 – Festa mobile.
Finché il vento soffia nella giusta direzione, nessuno si fa problemi di bandiera e sale tranquillamente sul carro di chi comanda, ma appena si palesano avvisaglie avverse, in tanti abbandonano la nave che affonda e gli avvoltoi cominciano a volare basso, in attesa del banchetto offerto dalla capitolazione. Proprio in queste avversità è fondamentale avere il condottiero dei giorni migliori, un uomo che sappia prendere decisioni di capitale importanza, ad esempio scegliere tra una lotta senza quartiere, che nella peggiore delle ipotesi potrebbe portare al crollo totale, o una resa dolce, che però potrebbe avere effetti negativi a lungo termine.
Con L’ora più buia, Joe Wright (Espiazione, Anna Karenina) affronta un periodo di breve durata nella storia della Gran Bretagna, ma segnato da un bivio fondamentale, approfittando dell’occasione per officiare la figura di Winston Churchill e con essa l’orgoglio inglese e il suo pronunciato spirito patriottico, ma anche una modalità di fare cinema conscia di come dosare il report storico, curare l’impronta estetica in modo tale da garantire un buon livello qualitativo e inserire quegli stratagemmi in grado di ammaliare il pubblico.
Maggio 1940, le truppe tedesche invadono il Belgio e subito dopo la Francia, mettendo in allarme la Gran Bretagna, con il Parlamento che spinge alle dimissioni il Primo Ministro in carica Neville Chamberlain (Ronald Pickup). Il successore prescelto sarebbe il visconte Halifax (Stephen Dillane), che però rifiuta l’incarico, a questo punto assegnato senza troppa convinzione – nemmeno da parte di Re Giorgio VI (Ben Mendelsohn) - a Winston Churchill (Gary Oldman), l’unico politico di peso ben accetto anche dall’opposizione.
Con i tedeschi potenzialmente a un passo dall’invasione del Regno Unito, il suo ruolo richiede subito interventi decisi, soprattutto sulla posizione da tenere con la Germania di Adolf Hitler: combattere fino alla fine delle proprie risorse o procedere con un negoziato?
Nel frattempo, bisogna anche trovare un modo per tentare di salvare circa 300mila soldati britannici intrappolati a Dunkerque. L’opinione condivisa dai più afferma che già salvarne il 10% sarebbe da considerare come un gran successo.
Il titolo L’ora più buia fa principalmente riferimento al momento più cupo del ventesimo secolo per il popolo britannico (e non solo), ma anche alla notte, quel momento in cui Winston Churchill trovava la massima concentrazione e formulava quelle idee da portare all’attenzione degli organi decisionali.
Trattasi di una produzione oculata, che sfrutta con maestria la pagina storica, da sempre calamitante, in un componimento serrato che preleva di peso il burbero sarcasmo e il carisma di Winston Churchill – interpretato da un monumentale e istrionico Gary Oldman -, costruendo l’architrave portante sull’arte oratoria, fondamentale per convincere chi la pensa in un altro modo e portare dalla propria parte il popolo, com’è enucleato in un memorabile incontro pubblico sulla metropolitana, uno dei passaggi più galvanizzanti del cinema recente.
È comunque un esempio di ciò che contiene una sceneggiatura cotta a puntino, che affronta un periodo circoscritto al mese di maggio 1940, con la Storia che avrà ancora molto da dire sul secondo conflitto mondiale, ma intanto la direttiva è tracciata e nel mezzo ritroviamo anche la questione Dunkerque, trattata in maniera complementare rispetto a quanto appena visto in Dunkirk, radiografando i confronti decisivi nel dietro le quinte, laddove si muovono le pedine (a gruppi di migliaia), scegliendo chi (provare a) salvare e chi sacrificare.
A seguire, il quadro d’insieme è completato dalla frizzante parte domestica che, con la sponda offerta da Clementine Churchill (Kristin Scott Thomas), smitizza il rigore istituzionale e dal duetto con Elizabeth Layton (Lily James), la segretaria personale del Primo Ministro, due frangenti che smorzano la tensione.
Un altro punto di merito risiede nella fotografia. Con lo scontro spostato dall’abituale campo di battaglia al chiuso, l’illuminazione riveste un ruolo di primo piano e l’operato di Bruno Delbonnel (Il favoloso mondo di Amélie, A proposito di Davis) è calibrato al millimetro, evidenziando di volta in volta le spaziature e le espressioni facciali più significative.
Con l’aggiunta di una serie di aforismi ad effetto, declamati con vigore da Winston Churchill/Gary Oldman, e un discorso finale che avrebbe messo sull’attenti anche un essere invertebrato, L’ora più buia completa la sua camera con vista sul tracollo, una panoramica su un periodo di grande paura e incertezza, armonizzata tra atti cruciali, conflitti umani ad alta intensità e quell’aggiunta di sense of humour a cui i britannici sono da sempre particolarmente affezionati, custodendo gelosamente un equilibrio drammaturgico che non intende riscrivere i trattati ma fare cinema.
Il gioco di squadra vince (quasi) sempre.
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