Regia di Brian De Palma vedi scheda film
Nelle pieghe del primo romanzo di Stephen King, si scova quel torbido visto con fastidio da parte della società, la quale mira a tenerlo ben nascosto dietro un perbenismo apparente. Brian De Palma, ha sempre amato addentrarsi in tale melma, attraverso lo sguardo voyeuristico della macchina da presa, tramite gru e carrellate dolci, nell’atto di catturare ciò che viene reputato tabù, cominciando dall’iniziale sequenza nelle docce, dove si mostrano senza alcuna censura i corpi nudi delle ragazzine del liceo.
“Carrie - Lo Sguardo di Satana” (1976), mette in scena il cupo percorso di crescita, della sua protagonista, nell’atto di sbocciare e diventare una donna, con il contatto del sangue mestruale, che cola lungo le sue gambe, accentuandone l’erotismo, in contrasto con il rosa della pelle. Un percorso perfettamente naturale, ma per Carrie White (Sissy Spacek), studentessa di liceo all’ultimo anno ma totalmente ignorante sull’argomento, quel sangue significa una morte imminente, venendo schernita dalle proprie compagne, che seguendo la logica del branco, le gettano contro Tampax e assorbenti, incuranti dei suoi pianti per lo spavento. In ciò Brian De Palma, fa propria la lezione di King, su come il vero volto dell’America non si rispecchi nelle città di Los Angeles o New York, ma nelle piccole città di provincia, in cui dimorano le forze più retrive e bestiali di tutta la nazione.
Carrie White, con i suoi capelli rossicci trasandati, l’accenno di lentiggini al volto, un atteggiamento goffo ed una timidezza molto vicina all’introversione, gli atti di bullismo sono la normalità quotidiana, non solo fisica o psicologica, ma anche spaziale, perfettamente catturata dalla gru iniziale nel suo essere isolata in alto a sinistra durante la partita di pallavolo.
La diversità non viene accettata né tantomeno tollerata, diventando stigma sociale e paradigma di un sistema che emargina l’anormale, perché non incardinato in meccanismi conformativi.
Carrie è una ragazza che nonostante la propria condizione esistenziale misera, trasuda di un forte desiderio di sperimentare la vita, pur mancandole tutta una serie di esperienze pregresse, a causa del fanatismo religioso della madre Margaret (Pier Laurie). La fede in Gesù, contribuisce all’isolamento sociale di mamma e figlia, dove però quest’ultima sconta la condanna peggiore di tutti, essendo respinta dalle coetanee e sottomessa al proprio genitore, che vede in lei solo peccato, obbligandola ad ore ed ore di preghiera nel buio dello stanzino del sottoscala.
L’oscurità del luogo, racchiude nell’assenza di luce, una fede percepita come oppressione. Carrie, vede ricondotto al peccato ogni aspirazione tipica della sua età, con conseguente senso di colpa ed ulteriore sfaldamento del proprio "Io", che non trova spazio per svilupparsi, complice anche l’emergere di misteriosi poteri affini alla telecinesi, ma in realtà percepiti inizialmente da lei come manifestazione di Satana. Anche i processi naturali del corpo, su tutti il ciclo mestruale, sono associati dalla madre al desiderio di lussuria della figlia, sentendo la necessità di doverla mondare da ogni impurità.
Nel silenzio di quell'angusto luogo claustrofobico, spicca il vuoto dell'assenza di quel Gesù tanto invocato quanto abusato nel numero elevato di crocifissi, a cui Carrie rivolge preghiere svuotate di significato. Il vuoto di una fede subita come coercizione acritica, si riverbera nella mancanza di conoscenze del mondo, che non vanno al di là dei confini posti dall’illuminazione tenue, scaturita da piccole lampade e dalla fioca luce delle candele in casa. Il piccolo raggio della loro fiamma, offre uno spettro di luce tenue e debole, metafora dell’oscurantismo religioso di una madre, la cui verità non riesce ad andare oltre le pagine fisiche di una Bibbia, tra l’altro interpretata secondo canoni, non più in voga da più di un secolo. Margaret, con la sua visione repressiva della fede, mira a ricondurre la figlia Carrie, secondo la concezione filosofica di Foucault sull’individuo “anormale”, alla categoria del potere sociale - di cui la religione è una delle espressioni più antiche - al cui interno deve essere ricondotta.
Carrie è un manifesto del più profondo ed atroce pessimismo antropologico, in cui maschi e femmine, sono condannati inesorabilmente all’abiezione delle loro infami azioni. In ciò sono colpevoli anche quei pochi che come Sue, si muovono su basi positive, ma sempre nascenti dal senso di colpa generato dal bullismo verso Carrie, da cui ci si vorrebbe alleviare, chiedendo al proprio ragazzo di portarla al ballo scolastico di fine anno.
Qui l’estro visivo di De Palma esce totalmente allo scoperto, in una interminabile, dolce e poetica sequenza al rallentatore, di Carrie White al ballo scolastico con il suo cavaliere Tommy, colta nell’intima felicità, di chi assapora ogni singolo istante di quella società attesa da una vita intera, vivendo un lunghissimo sogno ad occhi aperti sulle note di Pino Donaggio, mentre al montaggio De Palma conduce lo spettatore verso il terribile climax finale, rappresentato dal minaccioso secchio con il sangue di maiale - animale considerato impuro -, in procinto di distruggere l’idillio della ragazza.
De Palma prende il rito di passaggio del ballo di fine anno, per svuotarlo della propria iconografia e ribaltarne la visione tramite angolazioni distorte espressioniste, split screen, vorticose carrellate improvvise e scatti in primo piano combinati con il sonoro di Pino Donaggio, per simulare gli effetti dei poteri di Carrie.
La disgregazione delle forme classiche della tecnica registica, si lega perfettamente con l’esplosione di rabbia repressa, divenuta follia allucinata nello sguardo distorto oltre-mondo di una Carrie White, divenuta quel mostro infernale a lungo etichettato dagli altri. Il vero mostro risiede secondo De Palma nell’essere umano.
Su tutti la madre Margaret, capace di provare per la figlia solo odio per i suoi peccati, frutto in verità della proiezione delle proprie manchevolezze, risultando sorda innanzi alle suppliche della figlia. Un rifiuto del dono datele da quel Dio, che Margaret tanto decanta di servire, ma rinnegato nei fatti tramite le sue azioni; privando cosí Carrie del voler bene disperatamente richiesto.
Non c’è nulla di più orrorifico della mancanza di amore, all’interno delle dinamiche relazionali familiari, portando alla caduta chi forse non era destinato a ciò.
Fulgido esempio di opera stratificata devenuta di culto, il film ha fruttato due meritate nomination agli oscar sia a Sissy Spacek che a Piper Laurie. "Carrie - Lo Sguardo di Satana" è un capolavoro del cinema, che pur non rispettando alla lettera il testo di King, comunque ne ha saputo cogliere le tensioni e le angosce sottese, proiettandovi le ansie e le paure di un pubblico, che premiò finalmente il regista con l’agognato incasso ricercato, di ben oltre 30 milioni su un budget di 1,8 milioni.
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