Regia di Sean Penn vedi scheda film
Ebbene, oggi vi parliamo di Tre giorni per la verità (The Crossing Guard), spesso intitolato qui in Italia semplicemente come 3 giorni per la verità.
Tre giorni per la verità uscì sui nostri schermi nell’aprile del 1996 e fu presentato, in Concorso, al festival di Venezia nel settembre dell’anno prima.
Scritto e diretto da Sean Penn, ne rappresenta la sua seconda regia dopo il suo straordinario e a tutt’oggi da molti incompreso esordio, ovvero Lupo solitario. Opera assolutamente anomala nel panorama cinematografico di quegli anni, permeata di una schiettezza profondamente autoriale e intrisa già d’una poetica perfettamente definibile, infatti riscontrabile nelle successive opere di Penn. Vale a dire una sua sentita, perfino commovente propensione a scrivere e dirigere storie terribilmente angosciose, qualche volta retoriche, sfrenatamente romantiche o esageratamente così tanto strazianti e struggenti da rasentare, per paradosso, una melensa insipidezza sostanziale.
Tre giorni per la verità dura un’ora e cinquantuno minuti e, all’epoca della sua presentazione, suscitò critiche fortemente contrastanti.
Trama:
Freddy Gale (Jack Nicholson) è un anziano gioielliere oramai alla deriva, sprofondato nella più cupa e nervosa depressione logorante in seguito alla tragica morte di sua figlia di sette anni avvenuta disgraziatamente per mano di John Booth (David Morse). Il quale involontariamente, in quanto ubriaco fradicio, investì accidentalmente la figlia di Freddy, finendo in carcere a scontare la sua durissima pena.
Dal giorno della morte di sua figlia, Freddy Gale non trovò più pace interiore e il suo matrimonio con Mary (Anjelica Huston) andò totalmente in frantumi, rovinando reciprocamente le loro esistenze. Da allora, inoltre, Freddy aspettò trepidantemente che John venisse scarcerato per ammazzarlo.
Perciò, appena John Booth viene liberato, Freddy Gale, mosso da un tremendo, irrequieto, giustizialista e spasmodico sentimento vendicativo, si mette immediatamente in caccia di Booth. Scovandolo, in piena notte, nella sua roulotte.
Dopo averlo disperatamente inseguito per strada, puntandogli la pistola addosso, però Freddy concede sorprendentemente all’uomo tre giorni prima di ammazzarlo.
Ovviamente, non vi riveliamo il finale di questo film stupendo e mozzafiato dal ritmo melanconico, quasi soporifero ma robustamente emozionante e lancinante, doloroso e, malgrado molti cedimenti nell’ultima mezz’ora, alquanto eccessiva, assai originale e irripetibile, ottimamente illuminato dalla bellissima, suggestiva e chiaroscurale fotografia dell’indimenticabile Vilmos Zgismond.
Jack Nicholson è magnifico, sebbene decisamente sopra le righe. E in Tre giorni per la verità fornisce superbamente una delle sue migliori prove recitative degli anni novanta.
Nel rapporto fra il suo personaggio e quello incarnato da Anjelica Huston, naturalmente, sono ravvisabili ed esplicitati, piuttosto marcatamente, molti tratti autobiografici della loro storica, passionale eppur tormentata e complessa, annale relazione sentimentale.
Bruce Springsteen canta, nei titoli di coda, la seducente, evocativa, lacrimosa Missing.
Nel cast anche Robin Wright, ex moglie di Sean Penn, e Piper Laurie.
di Stefano Falotico
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