Regia di Luciano De Crescenzo vedi scheda film
Parafrasando il saggio di Nietzsche, Luciano De Crescenzo mette in immagini quel personalissimo modus di divulgare il sapere filosofico che più volte lo ha portato a scrivere best seller sull’argomento. Calando le sue massime e i suoi paradigmi nella realtà napoletana contemporanea, De Crescenzo al tempo stesso dispensa filosofia con metodi spiccioli, e soprattutto omaggia la sua Napoli, mostrando come un giorno qualsiasi nel capoluogo partenopeo possa valere 100 libri di Aristotele o 1000 saggi kantiani.
La superstizione e la cabala, la ritualità, i miti apotropaici e le liturgie laiche vivono inconsapevolmente nella realtà quotidiana di un popolo imperfetto, che opera tanti pregiudizi, forse più di quanti ne subisce (si pensi alla scoperta che lo stesso professor Bellavista fa del fatto che Cazzaniga sia un uomo d’amore e non di libertà, che faccia il presepio e beve caffè!). Il film ha una sua innegabile bellezza, che sta più nella leggerezza del suo fluire che non nella bontà cinematografica tout court, anche se troppo spesso la messa in scena è poco attenta per non dire approssimativa, tanto da ridurre molte scene a meri siparietti macchiettistici, con la funzione di semplice intermezzo, e che finiscono così per scimmiottare endogenamente la stessa napoletanità (si pensi ai fratelli Sorrentino, che si difendono in tribunale per una truffa ai danni delle Autostrade Italiane: episodio che di fatto non ha nessun valore semantico per il film). Il cast utilizzato, tutto napoletano, è quanto di meglio si potesse trovare sulla piazza all’epoca, con Casillo e Confalone ispiratissimi. Il film (2 David di Donatello), ha due “séguiti”: “Il mistero di Bellavista” e “32 dicembre”, entrambi non all’altezza dell’archetipo. Consigliato per l’originalità e per chi ama Napoli.
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