Regia di Barbet Schroeder vedi scheda film
Pochi autori come Barbet Schroeder sono in grado di sviluppare alla perfezione un crime movie e trasformarlo pian piano in un thriller psicologico, quasi un thriller dell’anima. È la sua specialità: i suoi personaggi li svuota e li rivolta come su un lettino dello studio di uno psicologo e nel frattempo incatena lo spettatore alla poltrona giocando con la tensione crescente.
Questa sua dote eccelsa a volte va fino in fondo e sforna ottimi film, a volte, come è capitato in questo caso, il suo motore perde qualche giro e non sempre per colpa sua. Nella tragedia familiare che prende in esame con questo Before and After lui ci dispiega perfettamente i caratteri e le pulsioni dei quattro componenti: un padre un tantino impulsivo ma protettivo aldilà della convenienza della situazione, una madre comprensiva e più riflessiva del consorte, che bada al meglio alle conseguenze dei comportamenti di ognuno di loro, una adolescente ottima osservatrice e intelligente a cui il regista affida il compito di voce narrante ed infine il giovanottino, Jacob, al centro dell’attenzione della polizia e poi di un tribunale. La causa di ciò è la morte, accidentale, della ragazza che Jacob frequentava e la conseguente accusa di omicidio. Fin qui siamo nel campo ordinario del thriller ma sappiamo a priori che se il soggetto è in mano ad un regista come Barbet Schroeder le vicende possono prendere strade imprevedibili che non potranno mai evitare la psiche dei personaggi. E così succede anche stavolta. Ma non siamo ai livelli dello straordinario Inserzione pericolosa (Single White Female), in assoluto uno dei suoi migliori film, in cui a fianco della impaurita Bridget Fonda troviamo un personaggio che ha il sapore di malefico e di diabolico, una scatenata e falsamente dolce Jennifer Jason Leigh, sempre a suo agio con personaggi border line. No, qui c’è qualcosa che diluisce il pathos e, secondo me, Schroeder commette l’errore di avvitarsi e dilungarsi nella palude del prefinale, cioè un inutile allungamento del dibattito tra i genitori sul giudizio sul figlio colpevole e sul modo differente di affrontare la difficile situazione. Il film non dura molto ma quei dieci minuti di troppo diventano letali per poter dare un giudizio più che positivo che il film si stava guadagnando. Già di suo è un film con parecchi dialoghi e poca azione, perché una buona metà prende la piega di legal movie, in quanto diverse scene si svolgono nel tribunale, per cui quelle discussioni dilungate danno l’idea di un allungamento alquanto superfluo. Il film, che di suo non è di altissimo livello, ne perde alquanto, pur rimanendo un ottimo soggetto e una pellicola di buon valore, indiscutibilmente da vedere.
Il buon Barbet Schroeder si era già ben premunito, perché le scelte degli attori sono ben appropriate: la grande Meryl Streep garantisce il giusto ruolo di una mamma apprensiva ma senza eccessi che si pone il problema di coscienza se è lecito nascondere le prove a carico del figlio oppure collaborare onestamente con la polizia per poter dimostrare la sua innocenza; Liam Neeson è come sempre nei panni di un uomo deciso a tutto pur di raggiungere il suo scopo: salvare il figlio accusato di omicidio, imputazione giusta o sbagliata che sia; Edward Furlong è il giovane Jacob al centro della vicenda, che è già pronto, con il suo viso irrequieto, nervoso e sempre misterioso al ruolo che poi lo ha reso celebre, quello di Danny in American History X. Insomma un buon cast al servizio di un robusto regista, non sempre costante ma autore di buonissimi film, come questo che nonostante tutto merita la sufficienza piena. Diciamo un 6 e ½, voto che purtroppo FilmTV non ci concede per via dei mezzi punti non permessi.
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