Regia di Gérard Corbiau vedi scheda film
Da un insieme di elementi che avrebbero senza dubbio potuto produrre qualcosa d'interessante, è uscito invece un film brutto e anodino. I temi del talento e della mediocrità artistica, il rapporto di amore e invidia tra i fratelli, il successo artistico che comporta rinunce sul piano affettivo e perfino sessuale, la figura del castrato come precursore delle moderne rockstar, l'ipocrisia di un'epoca intera, sono affrontati con una superficialità disarmante. La realizzazione dello spettacolo tenta di porsi tra la solida eleganza del kubrickiano "Barry Lyndon" e la magniloquenza sbarazzina (se è un ossimoro, l'effetto è voluto) dell'"Amadeus" di Forman, ma il risultato è una zeffirellata delle peggiori. Il buco principale sta già nella sceneggiatura, che poco dopo l'inizio non sa più dove andare a parare: annaspa, tentando di aggrapparsi all'austera figura di Haendel, spaccia qualche insipido snodo narrativo per "colpo di scena", inserisce una sequenza pseudoerotica in sottofinale, finché il fratello "cattivo" si riscatta appena prima che la parola FINE ponga fine a questo indegno pastrocchio.
Peccato soltanto che vi siano coinvolti attori tuttaltro che disprezzabili, i quali, a vederli qui senza conoscerne il valore, potrebbero essere scambiati per cani senza pedigree. Si sa che Dionisi non è Laurence Olivier, ma nella sua carriera non ha mai recitato male come qui, pur possedendo il physique du role di Farinelli, mentre Lo Verso è totalmente fuori parte dall'inizio alla fine e costituisce la nota più dolente dell'intero film: anche per lui la prestazione peggiore della carriera, che ha rischiato di cancellare il ricordo dell'attore spontaneo visto nel "Ladro di bambini" e in "Lamerica". Jeroen Krabbé e Omero Antonutti purtroppo sono indotti a sfiorare il ridicolo a più riprese. Del regista belga Corbiau non risulta, per fortuna, essere uscito in Italia nessun altro film dopo questo.
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