Regia di Marleen Gorris vedi scheda film
Dall'Oscar 1996 per il miglior film straniero ci giunge un potente richiamo alla libertà, che distingue tra quella fertile e creativa, aperta al mondo e alla diversità degli altri, e quella solitaria ed egocentrica, che si arrocca nell'autoritarismo o nel rifiuto, e conduce sempre all'autodistruzione. In questa storia, le donne sono portatrici della prima, gli uomini della seconda; i personaggi femminili fanno da pirotecnico contorno alla figura di Antonia, la cui presenza si colloca, nell'arcaico ambiente del villaggio natio, come una girandola in grado di sconnettere gli inveterati schemi della cultura contadina. Sul versante opposto si trovano i padri padroni, i sacerdoti che predicano bene e razzolano male, ma anche gli individui stanchi e rassegnati (Bas, Dito Storto, Protestante) che parlano d'amore e di filosofia, ma ai quali manca, in fondo, il coraggio di affrontare l'esistenza a viso aperto. Così limitano ad aspettare la gioia, anziché inseguirla, restando succubi di un sogno romantico che non riescono, da soli, a trasformare in un'iniziativa concreta. Di fronte a questo universo così nettamente diviso tra un sesso "forte" primitivo o imbelle, ed un sesso "debole" spregiudicato e volitivo, la mente corre al monicelliano Speriamo che sia femmina, da cui sembra voler riprendere, oltre all'impianto matriarcale, lo spirito ribelle che rovescia l'abituale logica della saga familiare, affidando la continuità della "stirpe" non alla ripetitiva perpetuazione di una tradizione, bensì a quell'energia rinnovatrice che, ad ogni generazione, rompe col passato e si reinventa l'esistenza a modo suo. Il senso di appartenenza, nella tribù di Antonia, deriva dalla tacita adesione all'unica regola che sancisce il patto per la vita, ossia l'impegno di ognuno ad essere sempre e solo se stesso. Questo principio racchiude, come immediato corollario, una reciprocità che impone a tutti il rispetto e l'accettazione, ma non li esime, però, dal dovere di punire severamente chiunque superi gli altrui confini. Secondo questa accezione, la libertà è indipendenza, dai pregiudizi e, in generale, da ogni dettame stabilito a priori, ed è quindi, essenzialmente, autonomia di pensiero che, però - e questo è il più grande insegnamento di Antonia – non può definirsi tale finché non si traduce coerentemente in parole ed azioni. Le nostre idee ed i nostri desideri hanno diritto di esprimersi, di plasmare il nostro essere e la nostra vita, di determinare il colore e la forma del nostro rapporto dialettico col mondo: tutto ciò è fonte di bellezza e ricchezza umana, fintanto che segue la strada del confronto, dello scambio e del generoso dono di sé al prossimo.
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