Regia di Piero Pierotti vedi scheda film
Piero Pierotti ha lavorato maggiormente come sceneggiatore che come regista; in questa ultima veste ha comunque sfornato una quindicina di lavori in poco più di una decade, sempre aggirandosi nei meandri della serie Z del nostro cinema. Qui scrive insieme ad Arpad DeRiso una storia sgangheratissima che cavalca in contemporanea gli stereotipi dello spaghetti western e del peplum mitologico, riuscendo però più sgraziato che bizzarro, più simile al sabotaggio di due pellicole che alla (più o meno forzata) ibridazione di esse. Non che nelle intenzioni di partenza ci si potesse aspettare altro, d'altronde: secondo il Morandini addirittura l'intenzione di congiungere i due generi venne al produttore Fortunato Misiano a riprese già inoltrate, presumibilmente per sfruttare scenografie e costumi di qualche film nel frattempo conclusosi negli studi attigui. La fattura è in sostanza tanto mediocre e la storia tanto banale (sotto le righe, per intenderci) che non si arriva neppure a considerare l'ipotesi del 'trash'. La star qui in campo è Alan Steel, all'anagrafe Sergio Ciani, già Ercole, Maciste e un altro paio di volte Sansone; al suo fianco troviamo nomi di ben poca consistenza come l'austriaco Toni Sailer, Mario Petri e Anna Maria Polani (se state pensando 'chi?', tranquillizzatevi: è naturale). Musiche dozzinali di Angelo Francesco Lavagnino. 2/10.
Far west: Alan viene ingiustamente accusato di omicidio; lo difende il suo amico energumeno Sansone. Ma gli Incas hanno deciso di mettere ulteriori bastoni fra le ruote dei due.
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