Regia di John Lasseter vedi scheda film
Toy Story è scritto in maniera egregia, lucida e senza alcuna sbavatura: il rapporto conflittuale tra Woody e Buzz, quindi tra l'America pre e post "conquista dello spazio", il personaggio di Sid Philips, visto dai giocattoli come il male assoluto quando invece è solo un bambino un po' più "metallaro" e sadico degli altri, gli Squeeze - gli alieni - e la sequenza dell'artiglio, uno dei punti più alti del cinema di John Lasseter. Tutti questi elementi vanno a costituire una narrazione che nella sua linearità e semplicità presenta sia elementi centrati sull'intrattenimento sia particolari che invece, se visti nell'ottica deviata in cui il film è ambientato, possono essere definiti senza dubbio come geniali. Gli autori del primo nucleo produttivo dei Pixar Animation Studios danno vita al primo lungometraggio interamente realizzato al computer, spargendo così i semi di una rivoluzione che vedrà dal 1995 in poi un progressivo cambiamento circa le realizzazioni delle opere animate create sia per il cinema sia per la televisione. La grafica 3D, dalla seconda metà degli anni Novanta, si imporrà dunque sempre più come nuovo canone stilistico integrale, promosso prima negli USA dalla Pixar, poi anche dalla Dreamworks Animation, Fox Animation e Walt Disney Pictures, e pochi anni dopo in Giappone (Production I.G in primis) e nel resto del mondo.
La grafica computerizzata, tuttavia, per quanto realizzata ottimamente per l'anno di produzione del film, non è certamente comparabile a quella delle opere successive della Pixar che hanno davvero rivoluzionato i sistemi tecnici e grafici dell'animazione in digitale (Monster&Co, Alla Ricerca di Nemo, Wall-E). I primi due Toy Story sono ancora da considerare dei banchi di prova in cui gli animatori della Pixar sperimentavano texture, sistemi di rendering, profondità di campo e altri aspetti tecnici che verranno rivoluzionati anni dopo; non sono un punto di arrivo per l'animazione, bensì sono ancora nel mezzo del processo di evoluzione grafica cominciata negli anni Ottanta coi cortometraggi. Il passaggio da animazione tradizionale ad animazione computerizzata non è così netto come si pensa. Non esiste, perciò, il film che ha del tutto cambiato i connotati del genere animato trasformandolo da analogico a digitale. Toy Story è sicuramente il promotore commerciale di tale radicale cambiamento, tuttavia risulta ancora sperimentale e qualitativamente acerbo.
La trama, per quanto intelligente, si sviluppa in maniera del tutto prevedibile. Toy Story è un lungometraggio indirizzato perlopiù ad un pubblico giovan(il)e - non per forza infantile - e, anche per questo, l'intreccio narrativo, per quanto godibile e diretto con frenesia e ritmo eccentrico, non presenta alcun tipo di morale o riflessione degne di nota. I due sequel, attraverso una caratterizzazione più sviluppata dei personaggi e delle trame leggermente più corpose, esprimono in maniera definita concetti interessanti sul senso di appartenenza, sulla nostalgia che permea il passaggio dall'infanzia all'età adolescenziale, sulla ricerca di un centro di gravità che possa donare stabilità alla condizione più precaria che esista, ovvero quella dei giocattoli. Tali argomenti non sono ancora pienamente strutturati e messi a fuoco in questo primo capitolo, ragion per cui Toy Story, lasciando perdere il quarto, risulta il peggiore della trilogia.
Ps: valutando in base 5, quindi senza attribuire mezze stelle, considero Toy Story ottimo e con difetti che non ne screditano la riuscita complessiva (3 stelle) e non un capo d'opera, ovvero un film da quattro stelle piene. Specifico tale metodo di valutazione per evitare di creare confusione tra recensione scritta e voto assegnato.
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