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Casinò

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

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carlos brigante

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La recensione su Casinò

di carlos brigante
8 stelle

Imponente, titanico, ma anche profondamente amaro. Sono questi gli aggettivi che (mi) vengono in mente dopo aver visto “Casino”. Un'opera che nella sua maestosità non fa perdere la bussola a Scorsese , il quale riesce sempre a trovare il giusto equilibrio tra sfarzo (registico) e compostezza (narrativa), senza lasciarsi prendere la mano da quei superflui dolly svolazzanti o da quelle sfiancanti carrellate riscontrate ad esempio nell'ultimo “Shutter Island”.

Mischiando il collaudato schema di ascesa/discesa del gangster movie e ammantandolo di morbose tinte melodrammatiche, il (fu) grande regista italo-americano ci spalanca le porte del microcosmo America in un lungo flashback a due voci.

La Las Vegas di Scorsese è una Venezia che invece di poggiare sull'acqua, si innalza da un mare di denaro; un'isola (s)perduta circondata dalla sabbia del deserto, vero e proprio cimitero per chi non rispetta le regole. Tra i luccicanti palazzi di questa Babele della corruzione legalizzata si muovono Nicky (Joe Pesci), Ginger (Sharon Stone), Sam (Robert De Niro), novelli Icaro destinati presto o tardi a precipitare. Ognuno percorre la propria strada spinto dai propri spasmodici desideri; inesorabilmente, però, finiscono per incrociarsi ed inciampare l'uno sull'altro. La smania di potere di Nicky; la brama di denaro di Ginger; la voglia di essere accettato e rispettato di Sam. Ogni personaggio è caratterizzato alla perfezione in ogni sua singola sfumatura in un meccanismo ben oliato in cui la granitica sceneggiatura si amalgama alla perfezione con le interpretazioni degli attori: un De Niro non ancora schiavo delle proprie smorfie; una Sharon Stone mai così convincente nei panni di una donna intossicata dall'alcol, dalle droghe e dal denaro; un mefistofelico Joe Pesci che, rimanendo sulla stessa lunghezza d'onda di quello visto in “Quei bravi ragazzi”, riesce in più di un'occasione a rubare la scena a De Niro stesso.

Ad un certo punto, però, la vecchia Las Vegas, fatta ancora da uomini (con tutte le loro contraddizioni), inizia a sgretolarsi. Poco a poco, e non senza un filo di nostalgia, lascia il posto ad una nuova città in mano alle grandi company, tramutandosi di fatto in una Disneyland del denaro senz'anima.

Once upon a time in Las Vegas (U.S.A.).

Cosa cambierei

8,5

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