Regia di Damiano Damiani vedi scheda film
Un buon thriller per vari aspetti, molto meno per altri. La valutazione non è del tutto positiva, e quindi il film non è in sé particolarmente consigliabile, soprattutto per due aspetti: il soggetto e i mezzi della produzione.
Partendo da questi ultimi, dei Cecchi Gori, sono un po’ poveri e sciatti: non permettono pienamente un poliziesco del livello che questo poteva essere tranquillamente. Inoltre il soggetto è troppo arzigogolato: persino barocco, ma nel senso deteriore del termine. Infatti si capisce poco. Le forzature dei colpi di scena sono finanche eccessive, e dunque poco credibili. L’incrociare di riferimenti alla finanza e allo stato (così veri in realtà, ma se gestiti in modo credibile), sa di masticatura commerciale, più che di spunto utile alla riflessione. Se non si riesce a fare il “metafisico” (suggerendo chissà quali connessioni lasciate occulte), bisognerebbe limitarsi a fare il semplice efficace. La recitazione poi è talvolta di grana grossa, anche se ciò non vale per i protagonisti Gemma e Balsam.
Badalucco aveva già firmato alcuni capolavori, uno dei quali (assai sottovalutato peraltro) con Damiani, come “Io ho paura”, senza tralasciare l’ottimo “Goodbye ed amen”. Qui Damiani, ancor assieme a Badalucco, nell’80 offre segni del proprio declino, già iniziato dal comunque interessante “Un uomo in ginocchio”, uscito solo l’anno prima. Ma qualche frase resta impressa: «Un poliziotto viene ucciso o perché troppo onesto, o perché corrotto». Oppure il ricordo che un’inchiesta su potenti delinquenti non si fa mai, a meno che non ne arrivi l’ordine dall’alto: per riequilibrare quindi poteri internamente, ma in un’ottica di conservazione delinquenziale del potere stesso; non certo in quella di una ingenua e falsa lotta del potere contro il crimine.
Ma ci sono anche i pregi, e tanti. Damiani gira un film d’azione da par suo, cioè di gran livello, al netto dei limiti della produzione, che su questo genere pesano parecchio, per via della spettacolarità richiesta.
Ma certi elementi per creare suspense sono ottimi, come la musica di Riz Ortolani, e la fotografia di Alfio Contini. Ma comunque è soprattutto la mano di Damiani a imprimere un certo interesse indubbio alla pellicola: che è veloce, imprevedibile, terribile. Interesse però compromesso, da quanto dicevamo, dall’improbabilità tanto azzardata.
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