Regia di Mario Monicelli vedi scheda film
I migliori film di Monicelli sono quelli che si basano su soggetti originali - per dirne qualcuno, "Guardie e ladri", "I soliti ignoti", "La grande guerra", "L'armata Brancaleone", "Amici miei" - mentre quelli basati su romanzi non gli sono riusciti altrettanto bene, con l'eccezione di "Un borghese piccolo piccolo" e pochi altri, come dimostrano, ad esempio, "Il male oscuro", "Facciamo paradiso", ed anche questo "Caro Michele", tratto dall'omonimo romanzo di Natalia Ginzburg. La quale, all'epoca dell'uscita del film, fu molto tenera con questo lavoro di Monicelli, ma, ad essere obiettivi, la riuscita non è quel che si dice un granché. Il tema è interessante, e riguarda il distacco dei figli dai genitori, in un periodo di grande confusione dei ruoli e di sostanziale dissoluzione della famiglia tradizionale, anche in ambito borghese. Qui c'è tutta una serie di famiglie sgangherate, con coppie separate, amanti ed ex amanti, uomini "ambidestri", ragazze madri con figli di cui non sanno ricordare il padre. Monicelli sa il fatto suo, naturalmente, e mette in scena un insieme variegatissimo di personaggi, spaziando da Novi Ligure a Trapani, passando, naturalmente, per il fulcro di questo frullatore sociale che è Roma. Però, non tutto funziona a dovere, il tono è cupo - anche perché il personaggio del titolo si vede soltanto alla fine, sul tavolo di un obitorio - ma stona con la frenesia petulante del personaggio di Mara Castorelli, cui forse il film dà troppo spazio rispetto all'originale letterario (e sebbene sia recitato dalla brava Mariangela Melato). Insomma, è un film drammatico, in cui qualche inserto da commedia all'italiana si inserisce ma non si amalgama bene (come dimostra la scena del ritorno anticipato a casa della riccioluta e di suo marito). "Caro Michele" non è da buttare, ma nella vasta filmografia di Monicelli si può pescare di meglio.
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