Regia di John Flynn vedi scheda film
32 TFF NEW HOLLYWOOD PARTE II Uscito di prigione, il piccolo delinquente Earl Macklin scopre che il fratello è stato barbaramente ucciso e la fidanzata torturata. Responsabile di tutto ciò è un’organizzazione criminale che, a causa di una rapina commessa anni prima ai danni di una sua banca da Earl, suo fratello e Jack Cody, ha deciso di chiudere una volta per tutte i conti. Earl ritrova l’amico Cody, scampato come lui, con intelligenza, ad un agguato e passa al contrattacco, derubando nuovamente e a ripetizione l’organizzazione. Lo scontro diventa inevitabile. Da un romanzo di Donald E. Westlake che fornisce il solido, compatto ed inattaccabile tessuto narrativo, il miglior film di John Flynn (anche sceneggiatore) è un noir ruvido ed essenziale, asciutto e spietato, silenzioso e brutale (splendido l’incipit con l’esecuzione del fratello di Earl e unica “voce” in sottofondo l’abbaiare ringhioso del cane all’avvicinarsi dei killer). Flynn si affida a personaggi disillusi e senza nulla da perdere che hanno fatto della vendetta la loro unica ragione di vita, ma il suo film non si riduce mai ad un elenco riempitivo e vuoto di rapine e regolamenti di conti (che non mancano, ma sono spesso risolti in maniera brillante e intelligente, si pensi alla sequenza della consegna in chiesa dei soldi, o al modo in cui Cody, al bar, sfugge all’esecuzione) né a un goffo campionario di situazioni limite che fanno perdere credibilità ed urgenza al racconto, come peraltro accadrà in parte nel successivo “Rolling Thunder” in cui si ritrova il tema centrale della coppia di amici che riunisce le forze per portare a termine una personale vendetta. “The outfit” ha i toni malinconici e dolenti di una vicenda che non dà scampo, il ritmo secco e magnetico del miglior Don Siegel (il capolavoro Charlie Warrick non è poi così lontano e Joe Don Baker arrivava direttamente da quel set), la spicciola e cupa consapevolezza di un mondo (quello criminale) dal destino spesso ineluttabile, e capace di risolvere le proprie questioni solo con la violenza. Anche se poi, come ci ricorda l’irresistibile sequenza finale, “i buoni vincono sempre”. Straordinario cast di facce da noir dove accanto agli sbalorditivi Robert Duvall e Joe Don Baker (il loro rapporto di amicizia, lealtà e complicità da solo merita una visione), spiccano un durissimo ed implacabile Robert Ryan e, sia pure in una fugace apparizione, la mai dimenticata Jane Greer di “Le catene della colpa” (ma ci sono anche Timothy Carey e, direttamente da “Rapina a mano armata”, Marie Windsor e Elisha Cook jr), in un ideale e prezioso collegamento con l’epoca classica e più fulgida del genere (originariamente il regista avrebbe voluto ambientare il film negli anni quaranta, idea poi rigettata dalla MGM soprattutto per motivi finanziari). Karen Black, invece, strazia il cuore. Debutto per Joanna Cassidy, la giovane ed annoiata moglie dell’anziano boss. L’ultima mezz’ora, più o meno a partire da quando i tre protagonisti vengono fermati sulla strada da un’auto della polizia, entra di diritto nella storia del genere.
Voto: 8
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