Regia di Claude Sautet vedi scheda film
Sautet ha la vocazione di indagatore dei sentimenti umani e della psicologia dei personaggi, e anche in questo caso opera un interessante studio in questo senso, che si serve di dialoghi attenti alle sfumature del cuore e di finezze dell'interpretazione degli attori, ai quali sa esattamente che indicazioni dare per rendere quel dato sentimento o stato d'animo. Ognuno dei personaggi ha una vita sentimentale sfasciata al presente o ferita nel passato, e ancora fortemente barcollante. Il regista non dà giudizi morali sulle loro scelte, ma si limita a rappresentarle e a prenderne atto, senza esaltarle o biasimarle. Un elemento comune a tutti sembra essere la precarietà e l'instabilità sentimentale, la quale porta spesso a situazioni di conflitto e di malessere ineriori. Nessuno di essi sa esattamente cosa vuole, o è disposto a fare scelte totalizzanti e nette. La stessa protagonista si trova divisa tra l'amore che ancora ha per il marito, dal quale comunque divorzia (contro coscienza?) e un sentimento irrisolto verso l'anziano magistrato. Lui, dal canto suo, non si decide se innamorarsi o no veramente di lei ed esserne geloso; e poi che sentimenti prova ancora per la moglie? Il finale non fa che aumentare i dubbi e i conflitti interiori dei protagonisti. Interessante trovo anche il personaggio del marito della protagonista, uomo inconcludente e indolente, incapace di conquistarsi la stima della moglie. Rimane il dubbio, poi, se abbia veramente tentato il suicidio. L'unico che ha veramente le idee chiare è il tipografo, che però viene respinto dai dubbi della protagonista. Brava e bella Emmanuelle Beart, che dà anche una buona interpretazione. Bella, poi, doveva anche essere, perché tutti i personaggi uomini del film si innamorano di lei.
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