Regia di Maurizio Ponzi vedi scheda film
Dalle mie parti (Toscana contadina) si direbbe «bel mi' Ponzi!», sottintendendo che, pur con tutto l'affetto che gli si porta, non si può che constatare la brutta fine (artistica, beninteso) che ha fatto. Bello il mi' Ponzi del Caso Raoul (1975), di Madonna che silenzio c'è stasera (1982), di Io, Chiara e lo Scuro (1982) ed anche di Son contento (1983)!
Qui siamo, purtroppo, di fronte ad un film che non è né affresco sociologico di un paese né ritratto psicologico di una serie di personaggi. La narrazione, divisa su due piani cronologici, uno ambientato negli anni Sessanta del boom economico e l'altro negli anni Ottanta di un'Italia da bere (ma tutta d'un fiato, per non sentirne il sapore), si risolve in una aprioristica mitizzazione della prima epoca, mentre gli stessi personaggi, che a distanza di vent'anni compiono, sullo stesso treno, la medesima tratta ma all'inverso, sono induriti, incattiviti, disillusi.
Forse è vero che gli anni Sessanta, quanto meno al loro inizio, furono un periodo di grandi speranze, ma è altrettanto vero che la metà degli anni Ottanta era foriera di altrettante aspettative nelle magnifiche sorti e progressive dell'Italia craxiana e andreottiana, galleggiante sopra la bolla di sapone riguardante l'essere la "quinta potenza industriale del mondo". Sembra che Ponzi ignori questa realtà storica, che negli anni Novanta era abbondantemente emersa, dopo la fine del CAF sotto i colpi di Mani Pulite, la crisi economica dell'estate 1992 e il disvelamento (per chi non abbia preferito foderarsi gli occhi di fette di prosciutto) della miseria del "nuovo miracolo italiano".
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