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Tarzan l'uomo scimmia

Regia di W. S. Van Dyke vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Tarzan l'uomo scimmia

di woody
8 stelle

Film d’avventura, tutta avventura, per una versione di Tarzan alquanto fumettistica ed illetterata (omesse origini e viaggio in Inghilterra in particolar modo) ma avvincente per celerità e successione di scene d’azione. Pregi cui occorre detrarre solamente qualche necessaria retroproiezione ed accelerazione, alcuni numeri trapezistici (comunque d’effetto), poche sagome d’animali (trascuriamo i bloopers inerenti alla giungla ed alla sua popolazione) ed alcune orecchie posticce (hanno utlizzato elefanti asiatici, meglio addomesticati, costringendoli ad appiccicargli padiglioni finti per imitare quelli africani) e un filino di razzismo che fa capolino ogni tanto (siamo ad inizio anni ’30). L’aitante Weissmuller, pluriolimpionico nuotatore, si presenta solo dopo una mezz’oretta ma col botto ed un completo ridotto al lumicino. Da lì in poi la piega del film sarà chiaramente anche all’insegna dell’erotismo tra l’uomo scimmia e la civilizzata (peraltro anticipato dall’assaporamento dei vestiti profumati della figlia da parte del vecchio padre e del conseguente suo imbarazzo nello scrutarla quando si spoglia, con divertito sorriso di lei). In precedenza, a pretesto di tale congiungimento, vi è l’affannosa ed avida ricerca del leggendario cimitero degli elefanti, presumibilmente colmo, oltre che di ossa, delle loro preziose zanne. Ma d’avorio, di pregiato avorio, è composta anche l’avvenente O’Sullivan che ben si destreggia tra alberi, scimpanzé, elefanti ed ostacoli naturali, sempre con scioltezza nonostante i tenti strapazzi. Davvero intrigante il trattamento riservato alla seducente protagonista: ora sbatacchiata di qua e di là, ora lanciata più volte tra villose braccia antropomorfe, poi afferrata, trascinata, avvinghiata senza tanti riguardi, e con un pizzico di brutalità; il che fa tanto “eros primitivo”. Basterebbe notare l’intensa carica erotica che traspare dai giochini acquatici, gli stretti abbracci, lo spacco nel succinto vestito (per agevolarle le movenze e stimolare giuste sensazioni negli spettatori si è progressivamente rimpicciolito con la scusante del bendaggio), il palpeggiamento del piedino ed il reciproco sguardo magnetico che accompagna la loro ascesa sull’albero con significativa dissolvenza in chiusura. Bellissime le interazioni tra uomo e animali: fauci spalancate, spintoni, diversi corpo a corpo con felini di grosse dimensioni ed arti addentati, ippopotami ed elefanti a volontà che giganteggiano a fianco dei compiti bipedi, effusioni con primati (alcuni chiaramente uomini in costume), e così via, ma sarebbe sufficiente osservare come un pachiderma sorregga Tarzan… Atletismi à go-go e qualche inevitabile momento di crudeltà, un’intera (artefatta) tribù di pigmei e indigeni vari agghindati secondo i propri usi, insomma tanto spettacolo, puro e semplice spettacolo. Intrattenimento variato, variopinto e senza tregua che stupisce ancora oggi. Non la più fedele al romanzo, ma sicuramente la miglior versione cinematografica.

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