Regia di Antonello Grimaldi vedi scheda film
Minimalismo all’italiana, forse ispirato all’Altman di America oggi, ma che differenza! E non direi nemmeno che manchi, alla base, un Raymond Carver quale fornitore di trame: è che manca proprio un’idea di cinema con l’intenzione di raccontare qualcosa. Eppure, nell’Italia post tangentopolitana qualcosa di serio da raccontare c’era ancora. Tutte le microstorie messe in scena da Grimaldi sono, purtroppo, plausibili, ma sono poco sviluppate e scontano l’assenza di una vera urgenza di essere raccontate. La maggior parte dei gesti descritti è (forse volutamente) immotivata, le azioni più efferate sono narrate con fredda indifferenza, ma sono le uniche ad essere portate a termine. Le altre restano nel limbo dell’inespresso. Il cielo è sempre più blu sembra il ritratto realistico – forse iperrealistico – di un paese alla paralisi del senso morale (se fosse stato fatto meglio, potrebbe essere paragonato alla raccolta di racconti Gente di Dublino di Joyce), fatuo, arrogante e disperato. In questo, il film di Grimaldi ha il suo maggior pregio. Ma la sua visione lascia ben poca traccia sullo spettatore.
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