Regia di Michael Mann vedi scheda film
Un uomo cammina lungo una scala mobile,attraversa un lungo corridoio. In un frammento di pochi secondi,compare alle sue spalle una riproduzione della PIETA' di Michelangelo.
Puo' sembrare un dettaglio irrilevante,ma è il segno,una scultura da fato che guidera' il filo del film.
Solitudine ed esizialita',che danzano nella metropoli.
Componenti glaciali,l'una dolorosa,l'altra metafora di fine imminente.
Segni inequivocabili,descritti sul viso di sbirri e gangster.
Vincent e Neil sono di fronte,l'uno come solitudine l'altro come esizialita'.
Sbirri e gangster che giocano alla "sfida",si sfiorano,incontrano e scontrano.
Scorreranno pallottole di piombo e sangue sull'asfalto.
Il tutto nell'accoglienza metropolitana,ora buia,ora livida dove gli squarci di luci (di)segnano i destini.
Che la sfida abbia inizio.......per poi finire in specchi d'uguaglianza,metafore accidentali d'un antieroismo proclamato.
Signori siamo dinanzi ad un film di Michael Mann.......
Poeta dell'urbano,visivamente eccelso,dall'arte malinconica.
Un ex regista televisivo,piombato nel cinema,maestro di tecnica in passaggi colmi d'adrenalina e realismo criminoso.
La "sfida" di Mann è quella d'un mondo prigioniero di se stesso.Di falsi "eroi" e miti,dove la verita' la portano i solitari come Neil o i disillusi come Vincent.
Un universo triste,ripiegato su se stesso,rappresentato egregiamente da un maestro della telecamera.
Una telecamera vorticosa,che avvolge e assale i personaggi,gli piomba addosso,senza lasciarli respiro.
Vincent e Neil coi loro corollari di sbirritudine e gangsterismo,riempiono crisi e solitudini interiori,pregni di forti radici "noir".Sono emblemi d'un cinema sfacciatamente americano dove incorronno echi di rigore alla Howard Hawks e antieroi alla Jean Pierre Melville.
Un "climax" di violenza da strada,dove la differenza non è nella superficie al piombo,men che meno nell'ambientazione poco ortodossa.
Nella "sfida" vincera' il sangue di vite predestinate,colme di pessimismo.Un sentimento amaro,molto marcato,denotabile nel respiro della pellicola.
Mann con "Heat" dimostra di aver assorbito l'aria criminale dei film americani anni 30-40,nutrendosi di antieroi e case vuote alla stregua d' un maestro come Melville.
Porta con se queste componenti esiziali,mettendole al proprio servizio con lucidita' narrativa e tensione imprevedibile.
Le minuzie tecniche e registiche equivalgono all'assistere ad una lezione di cinema,nel quale si viene ipnotizzati da ogni centimetro di fotogramma.
Un atmosfera buia e decadente,dove la colonna sonora dal tono elettronico e postmoderno,ne esalta la fibrillazione.
Si è di fronte ad un capolavoro,completato dalla presenza di recitazioni al top,come quelle di De Niro e Pacino,bandiere della "New hollywood" anni 70,riciclatosi alla grande nelle vesti (nobili) di predestinati alla sconfitta.
Sono loro l'apice del film,accompagnati dalla sontuosita' della regia,ed un parterre di contorno di "mostri" urbani.
Viziosi e vanitosi come Val Kilmer, "patiti dell'azione" come Tom Sizemore,o "contabili" alla Jon Voight.Maschere da crimine urbano,dove vi è negli occhi di Pacino e De Niro una poesia da romanticismo "perdente".
SUPERlativo.
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Adrian Martin (ricertcatore e studioso di cinema americano e uno dei collaboratori di "Rouge" (http//www.rouge.com.au) ha scritto a proposito del modo di girare di Mann e riferendosi in particolare a Heat: "Michael Mann è affezionato al master shot - unica ripresa (di solito mobile) che copre una scena per intero o in gran parte - poi spezzata con diversi inserti dettagliati. Ma se questa 'continuità intensificata' (che si rifà per altro a stili televisivi) sembra essere diventata la norma nella Holliwood degli anni in cui il regista ha girato Heat, quello che lui riesce a ricavarne è davvero speciale. Infatti Mann crea spazi o zone completamente separati all'interno di una scena, moltiplicando così le master shot necessarie e le possibilità di combinazione in fase di montaggio". Ho citato questa interessante indicazione perchè c'è nel film una scena chiave che mette in evidenza proprio la potenza assoluta di questa modalità di lavoro che è quella in cui Charlene , costretta dalla polizia a incastrare il suo complice Chris, usa l'unico momento che ha a disposizione per avvertirlo di andarsene, e lo fa con uno sguardo duro e un semplice, piccolissimo gesto della mano. Ma sullo schermo però il suo effetto è davvero straordinario (monumentale direi): nella stanza intorno a Charlene ci sono altre persone in attesa al telefono (come spesso accade in Mann) e ognuno aspetta con ansia, nel suo piccolo spazio, che Charlene si decida ad uscire sul balcone per identificare Chris. Il momento è reso spasmodico grazie a un particolare effetto, che è spesso presente nel conema di Mann (che ancora Martin definisce "boccia per i pesci") capace di ampliare alla massima potenza l'attesa e l'attenzione nello spettatore con la sola forza delle immagini e inserendo nella scena numerose superfici riflettenti che conferiscono una specie di gravità ieratica al piccolo passaggio su quel semplice gesto della mano non accompagnato per altro da alcun dialogo, facendolo diventare così un momento decisivo fortemente empatico proprio nella trama e nell'economia della pellicola: quasi riuniti, i due devono infatti separarsi di nuovo, e da quel momento il loro unico legame sarà "un emozionante duetto di inserti e dettagli" (ancora Martin)
Bellissimo intervento Valerio,come tu mi insegni,il modo di far cinema di Mann è innovativo,in effetti in "HEAT" c'è un enorme quantita' di "master hot",come anche in "Collateral" o "Nemico pubblico",la scena di Charlene e Chris assume in questo senso modalita' di emozioni parossistiche.Non è facile esprimere tensioni o forti emozioni senza dire una parola.In quel passaggio del film,la tensione è fortissima,nonostante tutto Mann si affida all'inquadratura e alla potenza di "piccoli dettagli",una forza di sguardi e gesti,empi di dettagli e sfumature che si ammirano in piu' visioni.Ricordo in "Nemico pubblico" quando Dillinger/Deep entra (da ricercato!) nel commissariato di polizia.Percorre i corridoi colmi di polizia,con nonchalance,quasi beffandosi degli agenti.Un passaggio in cui non scorre una sola parola,se non un sorriso beffardo sul viso di Dillinger.E' un altro esempio evocativo,in cui Mann accompagna un momento di tensione enorme,descrivendolo nei passi e nel viso di Deep.Tuttavia la sua maestria è nel non trascurare minimamente l'ambiente circostante.......maestoso.
Ciao a tutti : due link sulla scena descritta da Spopola-Martin che ho inserito nella mia opinione su "Bug" : questa scena : " http://fliiby.com/file/339084/qafz22m5ip.html ", poi analizzata qui : " http://lipranzer.wordpress.com/2012/05/23/anatomy-of-a-scene-1-heat/ ". Ciao !
Ciao mck,e grazie per la tua gentile indicazione,sei uno dei "Pozzi" cinefili del sito! sempre in gamba! un saluto.
Capolavoro assoluto della Storia del Cinema, un noir stratosferico, un duello leggendario che rimarrà per sempre nell'immaginario collettivo di tutti noi cinefili.
Complimenti per averlo analizzato nella tua magistrale recensione, alla prossima ;)
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