Regia di William Friedkin vedi scheda film
Rampage è uno dei film più riusciti di William Friedkin,nonché uno dei più interessanti del panorama dei film sul tema dei serial killer.L’autore si pone la domanda su quale sia il limite tra la follia incontrollata dovuta all’insanità mentale e la fredda e calcolata premeditazione del killer seriale,cercando di esplorare ancora il male in modo profondo,e senza alcuna concessione alla spettacolarizzazione riesce nell’intento di scuotere il cinema dal suo sonno convenzionale per l’ennesima volta. In bilico tra thriller e legal movie, Friedkin si pone come arbitro imparziale capace di dare la stessa attenzione al persecutore,cosi come al killer e alle vittime,
riuscendo ad imbastire un discorso sempre ambiguo,disturbato,malsano e non privo di simbolismi tipici del suo cinema(si noti la somiglianza con l’esorcista per il suo climax).Nella parte che delinea i tratti dell’assassino Friedkin riesce molto bene nell’intento di rendere un ragazzo dal viso d’angelo(Alex mc arthur) in un essere violentato nella sua apparente innocenza da mostri mentali inespugnabili e la cui provenienza rimane sempre ambigua,mai affrontata fino in fondo e che fa emergere la poetica del regista che idealizza un mondo in preda a mali ai quali non si riesce a dare una spiegazione tangibile:il rimando all’esorcista e forte anche da questo punto di vista,ove regan mc neal rappresentava un angelo posseduto da forze mostruose e insane che scuotevano lo spettatore dandogli un senso di perdizione,di resa e sconforto,dovuto anche nella capacità espressiva del regista di far valere fortemente la sua tesi con la sua forza espressiva, anche reece e un serial killer che viene sezionato in modo freddo dai medici e gli psicologi,e nonostante questo il suo male avanza in modo crudo,brutale,malsano e che scuote lo spettatore perbenista in cerca di una tesi accomodante come il cinema convenzionale americano (e non solo) sa ben fare,mentre l’intento di friedkin e di denudare lo spettatore di ogni certezza. Due momenti in particolare del film appaiono molto riusciti sul piano della messa in scena, il primo in cui i poliziotti si introducono nello scantinato di reece,dove la luce delle lampade scosse illuminano ad intermittenza gli altarini macabri dell’assassino (magistrale),l’altra è la scena del prete aggredito nella chiesa,forte e cruda come pochi sanno mettere in scena, ma in generale è soprattutto la fredda normalità del killer davanti alle proprie azione a risultare efficace.cinema capace di aprire squarci realistici con l intento di mettere le dita nelle piaghe della società con tesi forti.Bella la colonna sonora di Ennio Morricone,che si sposa perfettamente in un finale di afflizione e di toccante senso di perdita. Ingiustamente ritenuto come un opera minore,(forse perché ritenuto non all’altezza dell’estetica delle opere precedenti e per la durata) è una delle opere di questo autore che merita di emergere ed essere riabilitata dalla critica.Distante dai capolavori di Demme e Mann, ma molto più vicino a henri pioggia di sangue per visione sull'argomento.
Un killer compie efferati delitti in una tranquilla cittadina,un giovane procuratore gli da la caccia e in seguito alla cattura cercherà di convincere la giuria nel processo che incrimina il mostro che la pena di morte è giusta,mosso anche da sentimenti personali,ma a seguito dell'emergere di nuove riformulerà il proprio giudizio.
bella la colonna sonora di ennio morricone,utilizzata in modo appropiato dal regista come ad esempio nell'ultima sequenza.
proprio nulla.Al massimo la critica che lo ha sottovalutato
Tra le più riuscite del regista,senza mai bisogno di doverne esaltare con la macchina da presa le gesta del killer ,ma mettendo in scena i suoi atti in modo crudo,freddo e diretto con una sintassi filmica asciutta ed efficace nel creare un'aria malsana e disturbante.In generale molto ben calibrata e in grado di catturare l'attenzione dello spettatore,come nelle scene del processo.Insomma un'estetica c'è eccome!
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