Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film
In una camera d’albergo, un uomo sogna la giungla, esplosioni, rombi di elicotteri. Poi si abbandona all’alcol, mima colpi di karate, rompe uno specchio, in sottofondo Jim Morrison canta THE END. E’ il capitano Willard a Saigon, in attesa di una nuova missione e “dopo non ne avrebbe più voluto un’altra”. Questo è il potente incipit di APOCALYPSE NOW di F.F.Coppola, magniloquente film sulla sporca guerra del Vietnam che impegnò gli Stati Uniti dalla metà degli anni ’60 fino ai primi ’70 conclusasi con una disfatta che segnò un’intera generazione di americani. Willard deve mettere fine al comando del colonnello Kurtz, il quale è uscito dai ranghi militari e si è messo a capo di una popolazione di indigeni e marines ai confini della Cambogia. Il capitano parte alla sua ricerca, su una imbarcazione che risale il fiume Lung con un gruppo di uomini. Durante il tragitto faranno diversi incontri sulle tante facce della guerra, della follia e della violenza. Arrivato a destinazione, fatto prigioniero da Kurtz ne subisce il fascino (“Ehi amico non si parla con il colonnello, ascolti lui che parla…”dice il fotoreporter) e sarà proprio Kurtz a chiedere “di essere liberato dal dolore”. Il film girato tra il marzo del ’76 e il maggio del ’77 nelle isole Filippine, mise a dura prova il regista italoamericano per una infinità serie di sciagure che si abbatterono sulla lavorazione, ma che contribuirono a renderlo leggendario ancor prima della sua uscita. Per prima cosa un tifone distrusse il “Regno di Kurtz” e fermò le riprese per la ricostruzione del set, il protagonista Martin Sheen/Willard ebbe un infarto e si riprese solo un mese dopo e poi febbri malariche, budget fuori controllo e persino una crisi matrimoniale ed esistenziale di Coppola stesso. Sulla falsariga di CUORE DI TENEBRA di Joseph Conrad, Coppola con John Milius co-sceneggiatore racconta il Vietnam come un inferno dantesco (il fiume Lung come il fiume Stige), un viaggio lisergico, un incubo che lasciò tracce indelebili nei reduci. Fondamentale anche la fotografia di Vittorio Storaro. Se EASY RIDER nel ’69 aprì il ciclo della New-Hollywood, quella che tagliava i ponti col passato, APOCALYPSE NOW chiude quel ciclo con un capolavoro dall’anima anni ’70 (impegno politico, utopie e visionarietà) e dal corpo anni ’80 (mastodontico kolossal tipicamente hollywoodiano). Personaggi, situazioni e battute sono da antologia: partendo da Kurtz, il “poeta-guerriero” che cita Eliot, magistralmente interpretato da Marlon Brando alla sua ultima grande prova d’attore, Sheen non troverà più un ruolo come questo, il folle e impettito colonnello Kilgore di Robert Duvall e il fotoreporter/Arlecchino di Dennis Hopper che con problemi di alcol e droga al seguito, recitava praticamente se stesso; indimenticabili poi la già citata canzone dei DOORS in apertura e in chiusura durante il sacrificio degli animali da parte degli indigeni, Willard contemporaneamente uccide Kurtz come se fosse un rito tribale, l’intera scena con il colonnello Kilgore dalla “cavalleria dell’aria” al suono di Wagner, al surf sulla spiaggia fino all’odore di napalm…
Coppola rappresenta il Vietnam come una sorta di Disneyland con le conigliette di Playboy e i razzi colorati, Willard e Kurtz come due facce della stessa medaglia: conflitto tra bene e male, razionale e irrazionale e il “Regno di Kurtz” come simbolo della follia del potere, come regressione dell’uomo allo stato primitivo e della sua ambizione ad assurgersi a divinità. Alcuni anni fa è uscito APOCALYPSE NOW REDUX, una versione più lunga di 50 minuti. Ma è stato l’originale del ’79 ad entrare nell’Olimpo del cinema non una discutibile operazione di marketing (tra l’altro con un orribile ridoppiaggio in cui sono stati modificate parti del dialogo e sostituite le bellissime voci di Sergio Fantoni e Pino Colizzi). Imperdibile, invece, HEART OF DARKNESS – DIARIO DELL’APOCALISSE, documentario girato da Eleanor Coppola sul set.
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