Regia di Flavio Calzavara vedi scheda film
Ammirate Doris!
♦ Uno dei motivi di attrazione di questo film potrebbe essere la curiosità di vedere Doris Duranti a seno nudo giacchè se ne parlò a lungo per la rivalità con Clara Calamai che era stata la prima in Italia ad osarlo in "La cena delle beffe" (ma "sdraiata in un letto non vale altrettanto" obiettò la seconda arrivata.., non si sfida la forza di gravità).
Ebbene, sarebbe una delusione giacchè quella breve scena non c'è, o meglio è priva della immagine fondamentale, quella che ho appena mostrato: non esiste una versione in cui non sia stata tagliata a suo tempo. Salvo ricorrere (ma non è il massimo come nitidezza) alla scena finale di "Nuovo Cinema Paradiso" (quella "dei baci"). Che val comunque sempre la pena rivedere:
gli ultimi sei minuti di Nuovo Cinema Paradiso
(Doris appare al minuto 1 e 28 secondi, per un attimo; e poco dopo c'è anche Clara).
♦ Potrebbe però attirare anche l'argomento del film: una delusione in amore tale da far perdere la ragione. Della "follia d'amore", effetto dell'amore stesso o della sua mancanza o perdita per le più svariate cause, la letteratura tratta a piene mani sin dai tempi antichi. Anche il ventitreenne De Amicis affrontò questo tema tragico in un suo racconto, pubblicato nel 1869, da cui fu tratto il film "Carmela". Naturalmente l'autore (quasi vent'anni dopo) del "Libro Cuore", tenero, umanitario, ottimista, direi candido com'era, stemperò la durezza della pazzia arrivando, per gradi, a rendere verosimile una "guarigione": anch'essa frutto di un amore, un nuovo amore.
Ne deriva una trama molto semplice, forse troppo:
"Carmela, bellissima giovane isolana, vive con la madre e ne è affettuosamente assistita da quando, qualche anno prima, ha pressochè persa la ragione per essere stata abbandonata da un ufficiale che era di stanza nell'isola, da lei amato e col quale si erano scambiati promessa di matrimonio, poi trasferito altrove e scomparso dalla sua vita. Ora, all'arrivo di un nuovo comandante della guarnigione, crede si tratti dello stesso uomo che ha causato le sue pene. Questi cerca di aiutarla in vari modi senza approfittarne, le si affeziona e poi se ne innamora e le si dichiara benchè ancora lei stenti a riconoscerlo. Ma l'amore talvolta fa miracoli, sempreché lo scrittore e lo sceneggiatore lo vogliano."
♦ Venendo alla trasposizione dalla letteratura allo schermo, il film può dirsi realizzato in modo soddisfacente? La sensazione è che rispetti il racconto sia per l'epoca (siamo ancora nell' ottocento, esattamente 1893) sia per l'ambientazione (una piccola isola "distante una settantina di miglia dalla Sicilia") che fa risaltare la solitudine di Carmela, influente di certo sul suo stato mentale. Peraltro - e questo è un limite, credo, già nel racconto - appare troppo ingenuo il finale, in cui il nuovo comandante della guarnigione che presidia l'isola, innamoratosi di lei, ottiene di vedersi finalmente riconosciuto inscenando un poco verosimile "ritorno al passato", una specie di psicodramma, che si rivelerà risolutivo.
La regia direi in definitiva che abbia più meriti che demeriti, si tratta però di diversi pesi che soggettivamente si posson dare ai vari aspetti. Per esempio: G. De Santis scrisse il 25 gennaio 1943 (su "Cinema" n. 158) "Calzavara ama descrivere, tirare per le lunghe, perdersi in contemplazione della natura. Carmela è in gran parte un gioco di belle inquadrature e di paesaggi. La trama non mancava di suggestione ed anche la sceneggiatura doveva avere, certo, qualche spunto felice. Gli sbalzi di tono, però, dal dannunzianesimo rusticano al sentimentalismo da cartolina per soldati, hanno disciolto ogni possibilità artistica."
Non certo un giudizio favorevole, ma alcuni che son per lui difetti a me sembrano pregi: quel certo "calligrafismo", quel soffermarsi senza fretta a descrivere, a me piacciono: giovano alla ricostruzione accurata dell'ambiente e ad immedesimarsi nella psicologia di Carmela.
♦ Siamo giunti così al vero motivo per cui di questo film consiglio la visione, nonostante i suoi difetti (quali gli "sbalzi di tono" di cui sopra e una certa ingenuità): si chiama DORIS DURANTI. La bellezza aggressiva del suo volto e in particolare dei suoi occhi, l'intensità dei suoi sguardi, fondamentali in una recitazione scarna fatta più di gesti ed espressioni che di parole, come il personaggio richiede.
Il bianco e nero, la frequenza dei primi piani, la varietà delle inquadrature sono funzionali alla sua mirabile performance recitativa.
Favorita non solo dalla regia di Flavio Calzavara (quattro film insieme) ma soprattutto dall'opera di un grande direttore della fotografia quale fu Gábor Pogány.
(il coprotagonista Pál Jávor era un attore ungherese tra i migliori del suo tempo; purtroppo le bevande alcoliche gli complicarono la carriera e la vita)
cherubino,
22 marzo 2022
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