Regia di Angelo Alessandro Pann vedi scheda film
Bisogna ammettere che a leggere il titolo di questo film si parte già prevenuti, ma il problema è che il risultato è ben peggiore di quanto ci si possa aspettare, alla faccia di tutta l'imparzialità possibile.
Ovviamente della famosa canzone (col titolo giusto) cantata da Mina (Mina Anna Maria Mazzini) o da Piero Focaccia non vi è traccia per ovvi motivi di diritti ed allora, tranne che per alcuni casi, ci si affida a vecchie canzoni semisconosciute, quelle, per intenderci, presenti nel lato B dei 45 giri, ma solo perché di lati il disco ne ha solo due.
Un po' come questa pellicola, dove la serie Z è tale solo perché le lettere sono finite.
Uno dei peggiori pseudo-cloni di "Sapore di mare" (1983) di Carlo Vanzina, uscito qualche mese dopo solo per sfruttare l'enorme successo del prototipo; un'operazione già di per sé discutibile porta ad un risultato di imbarazzante mediocrità in cui il lavoro di Angelo Pannacciò (che si firma Angelo Alessandro Pann) è dilettantistico nella regia ed insignificante nella sceneggiatura.
Non c'è sapore nostalgico e neppure comicità, solo giovani comparse negate a recitare buttate allo sbaraglio, dal turpiloquio facile quanto gratuito (pure i bambini smadonnano!).
Montagnani, l'unico attore degno di tal nome in questa buffonata, è colpevolmente sottoutilizzato nel ruolo di un professore "castiga-turiste", il quale cozza contro la grezza ed insaziabile Coluzzi. Turina e Diogene si rendono ridicoli, facendosi prendere per i fondelli a causa della loro stazza, mentre Murgia girovaga in cerca di qualcosa con una fotografia in mano: si scoprirà che è il suo cane e, quando lo troverà, è palese che la foto ritrae un altro cane!
Senza parole.
Fin commoventi gli sforzi per ricreare l'atmosfera anni '60: una Lambretta, una Moto Guzzi anteguerra, un paio di veicoli ed un pullman del periodo, ma appena si allarga il campo... si torna negli anni '80, dalle auto (tra cui una bella Renault 5 in primo piano), suppellettili e luminarie delle case e degli hotel.
Girato a Gabicce Mare (PU) e Gradara (PU).
La scelta della canzoni che, in un film come questo dovrebbero essere il valore aggiunto, dà la conferma dell'incompetenza di Pannacciò e compagnia; il budget ristretto non è una scusante anche perché, senza discuterne la qualità (per alcune di un certo pregio), il problema è il loro utilizzo nel contesto sbagliato.
Se per "Al bar del corso" cantata da Anna Identici si possono accostare i momenti più frivoli e spensierati e per "Arrivederci" eseguita da Ornella Vanoni le sequenze finali più nostalgiche, "L'appuntamento" sempre della Vanoni, "Ritornerai" interpretata da Bruno Lauzi, "E la chiamano estate" eseguita da Bruno Martino, "Una chitarra, cento illusioni" cantata da Mino Reitano (Beniamino Reitano), non ci azzeccano per nulla.
Non parliamo della canzoni di Tony Dallara (Antonio Lardera, ovvero "Ghiaccio bollente" e "Per tutta la vita") degli anni '50 e quella di Gilda Giuliani (Egilda Giuliani, ovvero "Serena") del 1973, scelta che conferma l'approssimazione con cui questo prodotto è stato realizzato.
Colonna sonora molto anni '80 di Flavio Bocci.
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