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La sindrome di Stendhal

Regia di Dario Argento vedi scheda film

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La recensione su La sindrome di Stendhal

di alan smithee
4 stelle

Accorsa a Firenze alla ricerca di un killer seriale inafferrabile, la giovane poliziotta Anna Manni, visitando la Galleria degli Uffizi alla ricerca dell'uomo, viene colta, nella visione di alcuni capolavori esposti nel museo, da una sorta di crisi di panico ed altri sintomi, che risultano coerenti con il noto disturbo conosciuto come "sindrome di Stendhal", in onore al celebre scrittore francese, il primo personaggio noto per averne sofferto le spiacevoli e destabilizzanti conseguenze.

Svenuta e ferita, la ragazza viene accorsa da un giovane individuo, che si rivelerà in seguito essere proprio il maniaco omicida (lo interpreta un platinato, affascinante Thomas Kretschmann). Riuscita fortunosamente a sfuggire al criminale, la ragazza viene fatta seguire da uno psicologo e, ancora turbata e quasi trasformata nel carattere da quegli eventi forti, finisce per rompere la sua relazione sentimentale con il collega Marco, e decide di prendersi un periodo di riposo tornando dalla propria famiglia a Viterbo.

Il maniaco non cesserà di tormentarla, ma la tenace ragazza saprà reagire alla situazione, trasformandosi da preda a predatore. Dato per morto e disperso nelle acque di un impetuoso fiume, il maniaco tuttavia continuerà, almeno apparentemente, ad agire indisturbato, almeno sino a che Anna riuscirà, mettendo a repentaglio nuovamente la propria incolumità fisica e psicologica, a dipanare l'intricata matassa, giungendo alla soluzione del complicato mistero.

Dopo l'avventura americana iniziata in coppia con Romero con il valido Due occhi diabilici, e subito dopo  Trauma, che dà inizio al nuovo - non particolarmente fortunato, soprattutto in termini qualitativi - corso produttivo di Argento e al sodalizio del regista con la figlia Asia, il regista romano resta in zona "giallo/noir" con un thriller macabro e d'atmosfera, balordo e stravagante che riesce tuttavia ad azzeccare qualche particolare: la stessa sintomatologia che coglie la protagonista alla vista dei capolavori esposti, l'atmosfera tipica di provincia verso cui la vicenda finisce per indirizzarsi, e ancora qualche rocambolesco e perverso sviluppo di storia, riuscendo ad arrivare ad un finale che, per quanto improbabile, riesce quantomeno a rivelarsi poco prevedibile o scontato.

Certo, come spesso accade nella costruzione dei personaggi e nella scrittura, opera come già in passato dello stesso Dario Argento e di Franco Ferrini, il punto debolissimo della situazione si rivela la definizione e caratterizzazione dei vari personaggi, quasi tutti fragili, se non inconsistenti quando si arriva a considerare figure minori (il padre della protagonista, con i suoi occhi inutilmente spiritati, è da comica involontaria, così come la moglie del maniaco, avvenente casalinga snob da delirio); ma anche il poliziotto reso da Marco Leonardi appare puerile e debolissimo, così come poco credibile appare la Argento nei panni di una sin troppo giovane poliziotta, non si sa come e a che titolo coinvolta in una indagine così complessa e pericolosa.

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