Regia di Mario Monicelli vedi scheda film
Visto oggi, a distanza di più di dieci anni dalla sua realizzazione, l’aspetto più curioso che salta all’occhio in questa stramba commedia monicelliana è la matrice futurista. La fantasmagorica storia della protagonista (presa dalle Vite di uomini non illustri del mai dimenticato Giuseppe Pontiggia) si articola per più di mezzo secolo di storia italiana, effettiva e inventata, e si conclude nel 2011. L’Italia è diventata una Repubblica Federalista, eredità del leghismo sbandierato anni addietro dal noto Umberto Bossi, un po’ abbandonata a se stessa, che ricerca una identità comune nel trascendentale. Da “Potere Operaio” a “Dio come ti amo!” il passo è breve. È forse questo il più gustoso interesse di Facciamo Paradiso, film abbastanza anomalo nell’itinerario del suo autore: se sul piano surreale la storia è quanto meno bizzarra (la protagonista sembra un incrocio tra Alice nel paese delle meraviglie, la principessa sul pisello e la ragazza del secolo scorso), è poco convincente sul registro social-politico. Un regista molto “terreno” come Mario Monicelli (i suoi personaggi legati al quotidiano, odorano di cucina di periferia, sono sognatori falliti oppure cialtroni) si trova, paradossalmente, più a suo agio nel versante dell’illusione e della giocosità che sul cavallo di battaglia. Difatti, il ritratto della borghesia laica e progressista risente probabilmente di qualche macchiettiamo di troppo e l’affresco sessantottino delle manifestazioni studentesche soffre di banalità. La trama si dipana attraverso le disillusioni e i rimpianti di un’epoca che cambia, ma non del tutto si percepisce il tempo che scorre e muta, o, per dirla alla Ovidio, la metamorfosi dell’epos del quotidiano. D’altro canto, il tono buffo che avvolge l’intero film persuade con leggerezza. Non persuade, invece, Margherita Buy: quello che sulla carta poteva rappresentare un ruolo assai congeniale per la sua vena d’attrice un po’ fuori dal mondo, risulta quasi una gabbia dalla quale l’animale Buy tenta di uscire dimostrando caratteristiche che non le sono peculiari, e che la snaturano. Per rimanere nel territorio faunistico, Lello Arena disegna il suo calabrone con tenerezza e cortesia.
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