Regia di Emir Kusturica vedi scheda film
Falso capolavoro? Può darsi. Film controverso? Senza dubbio. Kusturica è fatto così: prendere o lasciare. La sua Jugoslavia, popolo di pazzi, dinamitardi e ubriaconi, esiste solo nella sua fantasia. Come l'Itala di Fellini o la Francia di Carnè. Il maestro riminese è l'ispiratore dichiarato di tutto il cinema del bosniaco, ma anche Carnè, esteta del "realismo poetico", va tenuto in considerazione per capire "Underground". Non si tratta, infatti, solamente di una gigantesca fantasmagoria della Storia, passata e recente, di un Paese che ora non esiste più, ma anche di una beffarda riflessione sul rapporto fra realtà e finzione, Storia ed Arte, la verità dei fatti contro la sua rappresentazione teatrale/cinematografica. La dialettica vero/falso, proprio come negli "Amanti Perduti" di Carnè. Con molta meno finezza, chiaramente, ma con la stessa amarezza di fondo. In Kusturica, il cinema (il set dove si gira un film sulla Resistenza partigiana jugoslava contro i nazisti, a 15 anni di distanza) in quanto Arte non è lo specchio della realtà storica, ma la sua deformazione fondata sulla menzogna. "A me interessa la menzogna" affermava Fellini riguardo ai suoi film. E il suo discepolo Kusturica toglie il velo agli inganni della Storia, alle bugie di chi ha vinto la guerra, alle mistificazioni di chi ha usato le tragedie collettive per favorire i propri affari di cuore, denaro, fama e potere. In barba all'amicizia. Esattamente come in "C'era una volta in America", film a cui pare volersi riallacciare, nelle dimensioni, nello sforzo produttivo, nel respiro, nella definizione dei due protagonisti, non certo purtroppo nella sensibilità registica. Sì perchè, spiace ammetterlo, ma questa mastodontica metafora dell Storia come messinscena, questa sordida elegia di una Nazione distrutta per sempre, questo elettrizzante mix di humour, erotismo, pathos e violenza, è privo di quella prodondità di sguardo e di analisi che avrebbe potuto renderlo un vero capolavoro. Come Visconti di lingua slava, Kusturica fallisce. Fallisce perchè si dimostra privo di quella capacità di indagare a fondo fra le pieghe della Storia, cogliendone i processi fondamentali. E' un grande uomo di cinema, un favoloso poeta dell'immagine, per quanto eccessivo e smisurato. Ma non un grande storico: non un Visconti, appunto. La forza di "Underground" sta nell'immagine, nella potenza di un finale in cui la "sospensione dell'incredulità" diventa d'obbligo. Fra la macabra esecuzione incendiaria di Marko e Natalija, il suicidio altrettanto perverso di Ivan, la ricerca disperata del proprio figlio disperso da parte di Nero, di fronte a tanto intollerabile presente, a tanta Storia che si vendica, presentando un conto salato e ferendo in maniera impietosa, ecco che c'è posto solo per la fuga nel sogno: l'Utopia di un lembo di terra che si stacca dal resto del mondo e viaggia fuori dalla Storia. Fuori dal Tempo, fuori dagli orrori di guerre infinite e fratricide, che dilaniano intere civiltà, separandole e umiliandole. Su quel lembo, su quell'isola distaccata, su quel non-luogo che nessun atlante raffigurerà, Nero, Marko, Natalija, le scimmie e le oche, i musicanti e tutte le altre "maschere" della ex-Jugoslavia di Kusturica, potranno ballare e ubriacarsi per sempre, senza bombe e ordigni da cui curarsi. Ebbene, Kusturica non sarà un grande storico, ma quest'ultima immagine di "Underground" è semplicemente grande Poesia, degna di un companto maestro anch'egli balcanico, Theo Anghelopoulos.
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