Regia di Luigi Zampa vedi scheda film
Il ritratto spietato di un italiano che percorre la prima metà del Novecento tentando in ogni modo possibile di restare a galla senza rischiare mai niente; il ritratto di un eccellente antieroe raccontato attraverso tutti i suoi principali difetti: questo è L'arte di arrangiarsi, e non sorprende trovare la firma di Vitaliano Brancati sia per il soggetto che per la sceneggiatura. Il protagonista Sasà non è soltanto un pavido voltagabbana; è altresì un approfittatore, un cinico, un uomo amorale che non ha alcuna vergogna nel manifestare la propria incoerenza. Un ipocrita, oltretutto, reso meschino dal terrore di sbagliare e perdere ciò che ha (quel poco che gli basta a campare senza faticare). È giustamente la biografia di un uomo che ha da sempre applicato l'arte di arrangiarsi, dote considerata una pregevole qualità nello Stivale. Ma è anche un chiaro atto di accusa - forse un po' troppo grossolano e stilizzato, talvolta - verso un popolo intero, verso una nazione che non ha mai saputo, nel corso di mezzo secolo e in realtà anche oltre, decidere da sé il proprio futuro. E che nel frattempo si dava da fare come poteva, 'tirando a campare': idea sublimata nella scena finale in cui il protagonista diviene ciò che maggiormente gli compete, ovvero un piazzista ambulante. Ma, e questo è il prezzo più scottante da pagare, spacciandosi per tedesco. E se ora vende lamette, per tutta la sua vita non ha esitato invece a mettere all'asta la propria dignità e le proprie idee. Alberto Sordi, principale pregio e difetto dell'opera, è qui sbrigliato ai massimi livelli: il film è tutto sulle sue spalle e lui non esita a mettere del suo, fino a eccedere; se già non ha alcuna credibilità come nativo catanese, il suo frequente infarcire le battute di “aò”, “ma che...”, “ammazza” non contribuisce affatto alla causa. Certo, in fin dei conti è un film comico, ma la base narrativa è prepotentemente satirica e con le stilizzazioni e le caricature la satira si annacqua molto facilmente. La trama può in un certo modo ricordare quella dello Zelig di Woody Allen (ma lì il discorso si inerpicava sul piano sociopsicoantropologico) e, all'opposto estremo, quella della Vita difficile che Risi girerà qualche anno dopo proprio con Albertone nei panni di un uomo incapace di rinnegare i propri ideali nell'Italia della prima metà del ventesimo secolo. Nel cast si segnalano anche le presenze di Carlo Sposito, Elli Parvo, Franco Coop e Armenia Balducci. 7,5/10.
Sasà, vuoi per quieto vivere, vuoi per mancanza di fantasia, è un uomo che aderisce alle idee della maggioranza ed è pronto in ogni momento a rinnegare tutto ciò che fino a un attimo prima aveva detto e fatto. Nel corso della prima metà del Novecento riesce così a essere socialista, fascista, comunista e democristiano; si sposa per convenienza, pur invaghendosi di mille altre donne, cerca continuamente appoggi politici – che non reggono mai, finisce perfino in carcere per un po'. All'uscita prova la carriera politica in prima persona, fallisce e diventa venditore ambulante di lamette da barba, spacciandosi per tedesco.
(Re-visione 3/9/21)
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