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Barton Fink - È successo a Hollywood

Regia di Joel Coen vedi scheda film

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La recensione su Barton Fink - È successo a Hollywood

di fochetta
8 stelle

Basato sul tema dell'artista, che affronta in modo originale e profondo, è un film interessantissimo: strano miscuglio di ironia, realismo, simbolismo e assurdo. Il personaggio del produttore è visto in chiave ironica, un uomo che pensa solo ai soldi e calpesta i suoi dipendenti solo per fare sfoggio di potere. La figura dello scrittore famoso è lo stereotipo della visione che ne può avere uno scrittore che non ha sfondato o che è temporaneamente in crisi creativa: è famoso solo perché ha sempre trovato qualcuno che scrive per lui.
Anche Barton è visto con ironia, sotto una luce critica e contemporaneamente affettuosa. E' vero che è uno scrittore retorico e presuntuoso che non sa legare con gli altri esseri umani, ma resta pur sempre la vittima sia di una società ingiusta e crudele che del complesso dello scrittore tanto caro agli americani: lo scrittore è colui che si arroga il diritto divino della creazione. Per essere sicuro di far capire il concetto al pubblico, lo sceneggiatore sovrappone tre versi del libro della creazione della Bibbia alla sceneggiatura che Barton non riesce a scrivere: "E Dio creò l'uomo ..."
Tutto quello che circonda Barton ha un valore evocativo e metaforico che rimanda all'inferno e alla maledizione: a) il caldo insopportabile, b) la colla della carta da parati che cola lungo il muro in rivoletti contorti come le "slimy things" della nave fantasma di "The Rime of the Ancient Mariner" di Coleridge; c) il rappresentante di commercio, figura inquietante e misteriosa che trova nel calore e nel fuoco il suo habitat naturale; d) la misteriosa morte della donna accanto a Barton senza che lui ne abbia la minima cognizione finché non si sveglia.
Questo film ha 3 possibili livelli di lettura:
1) realistico: mostra tutto lo squallore dell'ambiente hollywoodiano, la crudeltà ed insensibilità di chi ha fama e gloria, la crassa presunzione artistica del produttore che si sente in grado di intervenire sulla trama mostrando tutta l'invadenza e la presunzione dell'ignorante ed infine, la presunzione, il rigurgito d'orgoglio, dell'intellettuale che si sente incompreso.
2) simbolico: sia la storia che i personaggi non sono altro che un simbolo del potere divino/demoniaco dello scrittore che crea e distrugge a suo piacimento all'interno del suo mondo creativo. L'albergo è la metafora dell'inferno, e Charlie è un demonio/Mefistofele.
3) onirico: l'intero film potrebbe essere un incubo di Barton che si è addormentato alla macchina da scrivere guardando la foto sul tavolo.

Su John Turturro

La faccia scarna ed allungata, gli occhi sgranati e leggermente allucinati, rendono Turturro perfetto nella parte dell'intellettuale ebreo in piena crisi creativa catapultato in un mondo nuovo ed incomprensibile.

Su John Goodman

L'interpretazione che Goodman, normalmente impegnato in film comici, da' di un personaggio tanto ambiguo ed inquietante quanto socievole e dal fisico rassicurante, e' strabiliante.

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