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Seven

Regia di David Fincher vedi scheda film

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La recensione su Seven

di supadany
10 stelle

«Lunga e impervia è la strada che dall’inferno si snoda verso la luce».

«Il mondo è un bel posto e vale la pena lottare per esso. Condivido la seconda parte».

Perché aprire con due citazioni la recensione di un film? Semplice. Nel caso di Seven parliamo di un’opera che ha fatto la storia del cinema contemporaneo, che vi ha iscritto il suo nome in virtù di un nutrito e diversificato pacchetto di qualità, una commistione di elementi facilmente riconoscibili che remano in maniera straordinaria nella medesima direzione, quella che conduce verso la gloria e l’immortalità.

Quando uscì, fu un fulmine a ciel sereno. Nessuno se lo aspettava minimamente e averlo visto in sala praticamente al suo debutto (in quei cinema giganteschi – nel mio caso, aveva una capienza di circa 2000 posti - che ormai non esistono più), mi ha lasciato segni indelebili che - ancora oggi quando mi capita di rivederlo (questa volta, complice la release aggiornata in blu-ray della Cecchi e Gori home video) - rimangono immutati, per non dire ulteriormente consolidati.

Appena giunto in una metropoli con sua moglie Tracy (Gwyneth Paltrow – Sliding doors), il giovane detective Mills (Brad Pitt – Bastardi senza gloria) deve affiancare l’esperto Somerset (Morgan Freeman – Million dollar baby), ormai a un passo dalla pensione.

Il caso che dovrebbe suggellare il passaggio di consegne, si rivela più complicato del previsto, obbligando Somerset a un impegno supplementare e Mills a confrontarsi con una prova per cui non è ancora pronto.

D’altro canto, il killer (ormai non si fa spoiler a dire che si tratta di Kevin Spacey – I soliti sospetti) ha in mente un piano calcolato con metodi diabolici.

 

Brad Pitt, Morgan Freeman

Seven (1995): Brad Pitt, Morgan Freeman

 

Giunto al secondo atto della sua carriera dopo la mezza delusione di Alien 3 (non tanto per il film, quanto per l’insostenibile confronto con i suoi due predecessori), David Fincher fa il botto, amministra la materia orchestrando tutti gli elementi di cui dispone senza lasciare nervi scoperti, creando un congegno praticamente perfetto.

Di fatto, Seven ha una struttura di base consolidata, sulla quale piazza artiglieria pesante e complementi che favoriscono triangolazioni millimetriche. Da una parte, l’architettura da thriller classico si dirama linearmente seguendo la rappresentazione dei sette peccati capitali e conseguentemente ha tante scene del crimine su cui lavorare, tutte ricostruite con sconfinata dovizia di particolari (Mindhunter non nascerà per caso), grazie a una messa in scena inossidabile. Dall’altra, il fattore umano crea uno disavanzo sostanziale con la concorrenza, sfruttando pienamente le divaricazioni caratteriali così come la loro integrazione, la distanza che separa il giovane ruspante dall’anziano che ne ha viste troppe (ma - con tutta evidenza - non tutte), dando anche un decisivo risalto alla controparte femminile (altrove, praticamente dimenticata), al suo sentirsi fuori posto, a una possibile novità che non può essere accolta con la manifestazione di gioia che meriterebbe.

Personaggi ottimamente definiti, che esaltano le qualità degli interpreti. Se Morgan Freeman giganteggia al punto di rimanere indelebile evidenziando uno sconforto da sconfitta incombente che non ci abbandonerà mai, Brad Pitt dimostra di non essere solo un belloccio ma anche operativo come non gli era mai riuscito in precedenza, mentre Gwyneth Paltrow  aggiunge un’incantevole disarmo per come emana i malesseri associati al suo personaggio e poi Kevin Spacey, con la sua irruzione che scompagina ogni equilibrio, disintegra ogni difesa rimasta eventualmente in piedi.

In ogni caso, sebbene la trama possa contare su una coerenza invidiabile, i dialoghi siano ricchi e articolati racchiudendo tematiche di natura divergente, le scene del crimine siano setacciate in lungo e in largo creando un’atmosfera scientifica e gli animi umani scansionati nel profondo, è la redde rationem al cardiopalma a rendere l’intero sistema monumentale e sconvolgente. Una chiusura geniale, ad alta tensione, una verticalizzazione deflagrante, la punta di diamante che chiude al millimetro un meccanismo a orologeria, che ottimizza definitivamente ogni singolo segmento precedentemente rappresentato.

 

Morgan Freeman, Gwyneth Paltrow, Brad Pitt

Seven (1995): Morgan Freeman, Gwyneth Paltrow, Brad Pitt

 

In poche parole, Seven è un’opera seminale, cruciale per il thriller contemporaneo (che poi non ha appreso granché). Acquisisce un pattern rodato e lo sviluppa con marmorea compattezza, tessendo una tela attrezzata di un dosaggio e una spaziatura encomiabili. Invia inequivocabili messaggi di una società deteriorata, ormai allo sfascio - in fondo, i peccatori da condannare abbondano, gli stolti sono (già) disseminati ovunque -, sottolinea il peso della vita, contrappone impietosamente ragione e sentimento, ha una tabella di marcia magistrale e un fraseggio sostenuto, circostanziato e intonato fino all’ultimo dei respiri, tra commozione, istinto e infallibilità.

Autorevole e struggente, euclideo e angosciante. 

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