Regia di Henri-Georges Clouzot vedi scheda film
Due donne progettano e mettono in atto l’omicidio del dispotico direttore di un collegio, marito della prima (ricca, remissiva, malata di cuore e piena di scrupoli religiosi) e amante della seconda (brusca e disincantata): le complici sono legate da un’innaturale alleanza per far fuori il maschio, ma anche divise da un’avversione reciproca che emerge dai toni duri con cui si parlano. Tutto sembra procedere su consueti binari thriller, finché a un certo punto il cadavere sparisce e da alcuni indizi sembra che l’uomo sia ancora vivo; solo a mezz’ora dalla fine entra in scena un commissario in pensione, che in quarant’anni di servizio deve averne viste di ogni e sembra capire tutto al volo. Un meccanismo perfettamente congegnato che sa far crescere la tensione con continui rilanci, mantenendo lo spettatore in una costante incertezza pur portandolo verso la conclusione che a priori doveva sembrare più ovvia. Ma l’ultima scena, con il ragazzino mitomane (?), spiazza ancora una volta suggerendo domande inquietanti: è successo qualcosa senza che ce ne siamo accorti? a quale storia abbiamo assistito? La celebre didascalia finale invita il pubblico a non rivelare la conclusione: una richiesta non esaudita da Mereghetti, che nel suo dizionario spiattella tutto fin dalle prime righe (così almeno nell’edizione che ho in casa).
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