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I soliti sospetti

Regia di Bryan Singer vedi scheda film

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George Smiley

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La recensione su I soliti sospetti

di George Smiley
9 stelle

Il thriller che ha reso celebre il meccanismo narrativo della ricostruzione della trama tramite flashback rivelatori, con tanto di colpo di scena finale. Un carosello che Christopher Nolan ha iniziato a scopiazzare già con "Memento", abusandone poi fino alla nausea.

"I soliti sospetti" è un film cult degli anni '90, uno dei migliori thriller di quella decade e il lungometraggio che ha fatto conoscere al grande pubblico Kevin Spacey, facendolo balzare agli onori della critica (premio Oscar al miglior attore non protagonista 1996). Lo si può considerare come il capostipite dei thriller con trama ad incastro: la sceneggiatura alterna abilmente la narrazione in prima persona del personaggio interpretato da Spacey con i flashback delle settimane precedenti al suo interrogatorio, rivelando il finale sin dalla scena iniziale per poi lasciare allo spettatore (guidato dall'agente interpretato da Chazz Palminteri) il compito di ricostruire e dare un senso alla trama, fino al sorprendente e rivelatorio colpo di scena in chiusura. A dare una luce sinistra agli eventi si staglia la figura misteriosa e quasi metafisica di Keyser Söze, un leggendario boss criminale che nessuno ha mai visto di persona, dotato di agganci politici e mezzi apparentemente illimitati, onniscente ed onnipotente.

Oltre alla già citata sceneggiatura di Christopher McQuarrie, spina dorsale d'acciaio del film, e un ottimo e angosciante score musicale ad opera di John Ottman, sono da lodare la regia di Bryan Singer (sicuramente il picco della sua altrimenti non esaltante carriera) ma soprattutto il cast di attori messogli a disposizione, tutti in parte e perfettamente a loro agio. In mezzo a vari bravi caratteristi (Pollak, Baldwin, Del Toro, Esposito), spiccano le performance di Gabriel Byrne, Chazz Palminteri, Pete Postlethwaite e ovviamente Kevin Spacey. Byrne è solido e convincente nel tratteggiare un criminale in cerca di un'impossibile redenzione risucchiato definitivamente nel mondo dal quale aveva cercato di distaccarsi, Palminteri è grintoso e acuto al punto giusto nei panni del detective col compito di sbrogliare l'intricata matassa del copione, Postlethwaite è una sfinge di bravura nell'interpretazione dello spietato avvocato e braccio destro di Keyser Söze, ma a rubare la scena è il talento cristallino di Kevin Spacey, magistrale nell'infondere una vena naïf e leggermente patetica nonchè astuta allo zoppo Roger "Verbal" Kint, salvo far tremare i polsi al disvelarsi dell'intelligenza dietro all'aria apparentemente innocua del truffatore di mezza tacca.

Un thriller dunque perfetto nel suo incedere, dal ritmo sostenuto e capace di appassionare e stupire lo spettatore in virtù di un intreccio studiatissimo e di prove attoriali eccellenti. Da vedere assolutamente.

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