Regia di Derek Jarman vedi scheda film
Ebbene, oggi recensiamo il Caravaggio del compianto Derek Jarman.
Attualmente riproposto nelle nostre sale in occasione del suo bellissimo restauro.
Film del 1986 che, in puro stile jarmaniano, seguì il “canovaccio” (perdonateci il gioco di parole) dei suoi ultimi film prima della sua morte, avvenuta il 19 Febbraio del ‘94. Cioè, un altro biopic, profondamente personale e autoriale, improntato più che altro sulla sua (re)visione in chiave antropologicamente omosessuale, teoreticamente allineata all’etica essenza del concepire l’esistenza sua stessa in base, di conseguenza, a un’eccentrica, profonda e rispettabilissima poetica del sesso e della vita naturalmente filtrati, interiormente vissuti e perciò filmati secondo il suo punto di vista da orgoglioso ex gay dichiarato, dedicato a un celebre personaggio storico. Dopo i suoi affascinanti Edoardo II e Wittgenstein.
Caravaggio è la vera storia, per l’appunto in matrice adattata dallo sguardo di Jarman, del celeberrimo genio pittorico nato, per nostro vanto superbamente patriottico, in Italia. Uno degli artisti più importanti della storia dell’umanità che tutto il mondo c’invidia tuttora, ovvero Michelangelo Merisi.
Da non confondere, ovviamente con l’altro, nostro illustre omonimo genio rinascimentale ribattezzato comunemente soltanto come Michelangelo, vale a dire il Buonarroti.
Attenendoci alla sintetica trama enunciata dal dizionario dei film Morandini, questa è la vicenda, anzi, le molte micro-vicende intrecciate e narrateci in forma romanzata, forse leggermente agiografica, da Derek Jarman nel suo Caravaggio:
Vita ribalda e vagabonda di Michelangelo Merisi (1571?-1610) detto il Caravaggio. Risse, ferimenti, omicidi, torbidi rapporti con i potenti della Chiesa e i bassifondi. Amori ambigui, morte romanzesca. Girato interamente in teatro di posa, il film attrae e respinge, affascina e irrita, talvolta sorprende. È tutto tranne che una biografia tradizionale di cui conserva tutt’al più lo schema narrativo a flashback.
Sì, in analessi ci viene raccontata la vita strampalata, esagerata e tormentata di Caravaggio, interpretato da Nigel Terry (Artù dell’Excalibur di John Boorman da adulto, Dexter Fletcher da giovane), accompagnato da una bizzarra galleria di personaggi che, durante il corso dell’esistenza, gli furono amici e non, cattivi consiglieri, amanti e/o traditori o semplicemente, talvolta, ispiratori delle sue artistiche creazioni.
Ecco allora che vediamo sfilare dinanzi ai nostri occhi Ranuccio/Sean Bean, Spencer Leigh/Jerusaleme, Garry Cooper/Davide, Nigel Davenport/Giustiniani e Lena/Tilda Swinton.
Perché guardare questo film?
Poiché è una biografia forse non perfettamente aderente totalmente alla verosimiglianza storica e alla veridicità integrale degli eventi così come avvennero esattamente ma è un ritratto cinematografico a sua volta imbastito da Jarman secondo il suo vedere e rivedere, come sopra accennatovi, reinventare un artista attraverso la sua stessa fantasiosa, pittoresca Settima Arte a metrica, potremmo dire, figurativa del riconfigurare Caravaggio in forma, sì, solipsistica e delirante ma al contempo estremamente affascinante.
Perché non guardarlo?
Se, per l’appunto, non amate i biopic che, come in questo caso, non rispecchiano appieno la reale vita del soggetto raffiguratovi e dipintovi in modo stravagante e, invece, preferite leggere o imparare la sua “storia” soltanto da un libro di storia dell’Arte, Caravaggio di Derek Jarman non è il film adatto a voi.
di Stefano Falotico
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