Regia di Marlon Brando vedi scheda film
Lo stile è vigoroso e il risultato affascinante con quei tempi distesi, inusuali per il genere, che sembra quasi vogliano avvitarsi su se stessi e richiamano alla memoria la lezione del miglior cinema giapponese. Molto intrigante la particolare relazione (che mi viene da definire edipica) di attrazione/repulsione che lega i due protagonisti.
Scritto da Peckimpah per una ipotetica rappresentazione filmica che avrebbe dovuto essere affidata a Kubrick (marginale collaboratore anche per il trattamento dello script) "I due volti della vendetta" rappresenta invece l'occasione per l'esordio nella regia (purtroppo unica e isolata prestazione in questo campo) di Marlon Brando che si assume in toto l'impegno dell'operazione, regalandoci un'opera strana, personalissima, aggressiva e profondamente masochista, spesso contortamente allucinata. Lo stile è un pò confuso, ma vigoroso, e il risultato spesso affascinante con quei tempi concisi, quasi rallentati, inusuali per il genere, che sembra quasi vogliano avvitarsi su se stessi e richiamano alla memoria la lezione del miglior cinema giapponese. Le ossessioni e le tematiche che caratterizzano il personaggio Brando, si ritrovano tutte, espresse o sottintese: la "particolare relazione" fra i due protagonisti, sospesa fra rapporto edipico (quasi di attrazione/repulsione) e scontro violento ed estremizzato di due personaggi contrapposti che culmina in una scena di puro sadismo in cui Karl Malden, il "padre", frusta selvaggiamente Marlon Brando, il "figlio", fino quasi a scorticarlo vivo, e poi gli spappola la mano destra col calcio del fucile; il tema della vendetta; la passione per le culture orientali che si riflette non solo nella storia, ma anche nella struttura visiva di molte sequenze. Il film, come tutte le opere eccessive e debordanti, soffre di squilibri evidenti e di una eccessiva lunghezza, nonostante gli interventi "riduttivi" della produzione durante il montaggio (dagli originali 282 minuti pensati da Brando ai 141 della copia distribuita in sala e tramandata ai posteri), un intervento "censorio" di dimensioni abnormi che contribuì senz'altro a rendere più evidente ed accentuata la discontinuità del risultato complessivo con alcuni passaggi di raccordo spesso un pò troppo nebulosi. Ma il risultato complessivo è comunque sorprendentemente maturo e coinvolgente, fra struggente lirismo istrionico (i numerosi piani spesso ricorrenti di un mare tumultuoso che si infrange sulle rocce), visionarietà esasperata (l'insolita ambientazione marina), violenze feroci (la scena della morte di Timothy Carey) e inaspettati personaggi che affollano la pellicola come quello davvero inusuale di Luise. Un western "fuori dalla consuetudine codificata", e forse proprio per questo ancor più fascinoso, perchè perfettamente in sintonia con il "mito Brando", che ancora una volta giganteggia sullo schermo fornendo una prova interpretativa come al solito un poco sopra le righe, ma di altissima levatura, alla quale rende bene la pariglia la altrettanto superlativa "esibizione" di un cinico e perverso Karl Malden.
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La pellicola sarà riproposta nella retrospettiva del Festiva di Cannes di quest'anno
Sì grazie ho letto la notizia anche io
Erano tempi "concisi"... :) Cmq. bel pezzo (suggerirei una scartavetrata su qualche refuso: Peckimpack...), per un film che vidi qualcosa come vent'anni fa, e che mi piacque non poco. Ciao Valerio!
Fatto. Grazie Matteo e auguri per il'anno che verrà .
Ciao Valerio, complimenti per la recensione. Inizialmente "I due volti della vendetta" non mi attirava; ma ieri sera, dopo averlo visto, ne sono rimasto piacevolmente sorpreso. E penso che la fotografia di Charles Lang avrebbe meritato un Oscar. Un ultima cosa: questa pellicola mi ha riportato alla mente "L'occhio caldo del cielo": che ne pensi di questo accostamento? Lo trovi pertinente?
Mi fa molto piacere che ti sia piaciuto. Pur con qualche incertezza, il ritmo è solido e il risultata tutto sommato largamente positivo Ambigui anche i rapporti fra i due protagonistiq (qui virati al maschile ma qualcosa di simile sia pure giocato verso una figura di sesso femminile lo si ritrova pure ne L'occhio caldo del cielo).e Trovo dunque pertinentissima la tua osservazione., e non solo per qyesto particolare. Sono infatti due titoli anomali e fuori norma rispetto ai western del periodo (e non solo) ed è prpèrio in questo che entrambi emanano questo fascino che sa perversione (anche ossessiva se vogiamo).grazie per il grasdito commento e per il tuo apprezzamento
Si delle incertezze questo film ce le ha (il personaggio di Timothy Carey, che sembra messo lì per caso e sparisce repentinamente; alcune evoluzioni nel comportamento di Karl Malden), però si, il risultato è pienamente positivo. Ma, se è per questo, anche "L'occhio caldo del cielo" ha dei difetti; eppure, entrambe le pellicole, nonostante le loro imperfezioni (e in parte, forse, anche per via di queste), risultano ancora oggi fascinose.
Concordo pienamente con te. L'occhio cakdo del cielo in oaerticolare è un film che ho amato molto: le scene importanti e degne di menzione che danno lustro all’opera sono molteplici: l’arrivo di O’Malley alla fattoria con quel suo fischiare insolente il tema della canzone Pretty Little Girl on the Yellow Dressed, (vero, reiterato leitmotiv della storia) e il conseguente, sottile gioco degli sguardi che anticipa quasi tutto ciò che si “dovrà” sapere dopo; la dolente sequenza dell’assassinio di John Breckenridge (la breve ma intensa caratterizzazione che fa Joseph Cotten del devoto, “insignificante”, un po’ pusillanime marito di Belle, è davvero di straordinaria pregnanza); la bufera di sabbia; il concitato finale, drammatico e liricamente malinconico allo stesso tempo… ma sopra le altre, per impaginazione e risultato anche di “trascinamento emotivo” del pensiero di chi osserva (e di chi è se non di Aldrich il merito?), quella della fulminante apparizione di Missy col vestito giallo della madre alla festa messicana conclusiva prima dell’attraversamento del fiume, che sembra davvero, almeno per un attimo, aver fermato il tempo e riportato indietro nel passato le lancette dell’orologio.
Ricordo di aver letto la tua lunga e appassionata recensione sulla pellicola; quindi immaginavo che fosse un film da te molto amato. Io rammento di aver visto una sequenza del film diversi anni fa (la morte di Cotten), e ricordo che mi colpí molto. Da quel momento ho inseguito "L'occhio caldo del cielo", ma soltanto l'anno scorso ho potuto soddisfare la mia curiosità. E adesso, con il tuo commento, mi hai fatto venire voglia di rivedere la pellicola.
Io ho il dvd e lo ruvedo spesso
Il dvd della Flamingo?
sì
Ottimo, considerando il valore aggiunto del commento di Vieri Razzini.
Esattu i sui commenti erano senore nolto interessanti
Sono d'accordo. Ho cercato di non perdermi nessuno dei film che lui ha pubblicato nella sua collana.
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