Regia di Carlo Verdone vedi scheda film
Annoiata dall’insoddisfacente palinsesto del sabato sera, sono incappata in questa commedia (?) di cui (dopo averla vista capisco perché) non sapevo nemmeno l’esistenza. Più volte, recensendo i film di Carlo, ho espresso il mio amore verso di lui, che mai rinnegherò (nemmeno dopo questa deludente visione), e l’idea di passare la noiosa serata rallegrata da un suo film, per me inedito, mi allettava.
La delusione non arriva subito, per i primi tre quarti d’ora il film procede bene. I paesaggi sono belli da vedere, gli attori nelle parti, duettano in modo brillante (a eccezione di Sergio Rubini che, a differenza degli altri, riuscirà a dare il meglio di se solo nell’ultima mezz’ora o poco più), la storia coinvolge e regala piccole emozioni, la musica riempie ogni fotogramma (o quasi) e rafforza, la mia già forte convinzione che Carlo ha davvero ottimi gusti musicali e lo esprime al meglio nelle sue opere cinematografiche che sono un continuo omaggio alla musica prima e al cinema poi.
Poi qualcosa, non ho capito bene cosa, fa crollare l’interesse e l’attenzione verso quel padre tanto cercato quanto ignorato. Forse è l’amore riscoperto tra fratelli tanto diversi quanto agguerriti nel conquistarsi quel suo amore assente, legato ad un desiderio di vita eterna, ed è per questo che quel finale da “favola di una volta” fa rabbia più che compassione. In una pellicola in cui Verdone è riuscito ad inserire: humor, giallo e sentimenti, si poteva anche fare a meno dell’ipocrisia.
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