Regia di Wong Kar-wai vedi scheda film
capolavoro di tecnica cinematografica, mescolanza di stili, piani sequenza che fanno sembrare d’azione anche un film romantico
Cinese di Shangai ma cresciuto dall’età di cinque anni in quella sorta di Hollywood cinese che era Hong Kong fino al 1997, ritorno alla Cina e grossi problemi all’orizzonte, il cinema di Wong-Kar-Wai cresce e spicca il volo quando il declino di tutto il resto comincia inarrestabile.
Sarà perché quando il gioco si fa duro si scoprono le risorse migliori, sarà la fertile osmosi con il resto del mondo, dopo il primo film As Tears go by (1988), selezionato per il festival di Cannes nel 1990, Wong-Kar-Wai gira Days of being wild, cui segue Ashes of time vincitore a Venezia di un premio per la migliore fotografia. Nel 1994 firma Hong Kong Express, che gli merita il soprannome di 'Quentin Tarantino cinese', nel 1995 realizza Angeli perduti, quindi Happy Together, che vince il premio per la Regia al festival di Cannes nel 1997.
Nel 2000, con In the mood for love, presentato sia al festival di Cannes (premio per miglior attore a Tony Leung) sia alla Mostra del Cinema di Venezia, si impone al pubblico internazionale, fulgida cometa venuta dall’oriente vent’anni fa a lasciare una scia indelebile, quella che oggi ci porta a frequentare una retrospettiva dei suoi film restaurati con grande attesa puntualmente ripagata.
Un film che non ci aspettiamo, Hong Kong Express, così fuori dagli schemi eppure così fornito di un’identità indubbiamente orientale, così internazionale e così hongkonghiano.
Del poliziesco di ambientazione metropolitana, genere di eccellenza in quegli anni, ha la matrice, quello che si dice il mood, ma è così capace di virare per strade tutte sue da scuotere le fibre più recondite in chi assiste, trascinandolo nel vortice di un caos visivo e sonoro allegro, vorticoso, dolce, ironico, comunque spiazzante.
Domina il sogno californiano dei Mamas and Papas, California dreamin’. A volume assordante è il propellente per il volo di Wang, da commessa svagata e incasinata del banco di gastronomia dello zio ai voli internazionali da hostess.
Hostess che va, hostess che viene, il poliziotto He Zhiwu, matricola 223, codice “Ti amerò per sempre”, lasciato dalla sua ragazza, frequenta una tavola calda dove tra poco arriveranno gli altri due interpreti.
“Ogni giorno ci troviamo spalla a spalla con tante persone…”
Dopo una improvvisa cesura i personaggi conosciuti scompaiono, ma i nuovi sembrano intercambiabili, due vite che ne intrecciano altre due, forse nascerà un amore o forse no, si mangia spesso strano cibo cinese all’apparenza molto invitante, ognuno dei quattro vive solo e sembra destinato a farlo a vita.
I maschi, poliziotti con o senza uniforme, sono fragili, dolcissimi, in cerca di legami e destinati a non averne, le donne sono risolute, decisioniste, amate in vena di non corrispondere, di pochissime parole e molti fatti.
La città partecipa attivamente con luci, traffico, rumori, scie vorticose che sfocano l’immagine con code di luce, flash velocissimi che nella prima parte informano su bassifondi di traffici illeciti diretti dalla donna con parrucca bionda da diva anni trenta, impermeabile e occhiali da sole anche di notte ( “non so se potrà piovere o se uscirà il sole” dirà se uno glielo chiede). Dirige con cipiglio da boss un giro di droga di quarta serie, tanto che le va male e finisce addormentata, fradicia di stanchezza, nel letto del primo poliziotto, quello tormentato da pene d’amore.
A lui non resta che ingozzarsi di succulenti panini e spaghetti di soia mentre lei dorme, quindi andar via non senza averle pulito le scarpe tacco 12 con cui la donna aveva corso in giro tutta la giornata. Un vero gentleman non va via lasciando la donna con le scarpe impolverate!
Lo stesso aplomb d’altri tempi nel poliziotto n.2, il grande Tony Leung, anche lui mollato, stavolta da una hostess, frequentatore della gastronomia n.1, quella da cui il primo poliziotto faceva telefonate a vuoto in cerca di compagnia.
E’ l’anello che lega le due parti del film come una caramella, il tema del sogno diventa evidente e nulla più meraviglia, il reale è magico, la città è spazio della infinita possibilità cinematografica, territorio di inseguimento che, come in sogno, fluttua, e ci si sveglia prima che si concluda, le cose spariscono senza spostarsi, forse qualcosa accadrà ma anche no.
California dreamin’, ma forse non la vedremo mai, la California.
https://www.youtube.com/watch?v=N-aK6JnyFmk
Un amore, come un barattolo di ananas, ha una scadenza, He Zhiwu, il poliziotto matricola 223, avrebbe potuto trovarne un altro, di amore, ma capita di sfiorarlo e perderlo di vista tra la folla, e allora è fatta.
“Ogni giorno ci troviamo spalla a spalla con tante persone… Nell’istante in cui i nostri corpi si sono toccati ho provato un lunghissimo brivido. 57 ore dopo mi sarei innamorato di quella donna”.
Come raccontare quello che capita quando la porta di casa si chiude alle nostre spalle ed entriamo nel mare del mondo? Come vivere in quell' orizzonte sospeso dove le storie restano sempre aperte e spesso, prima di diventare reali, si trasformano in ricordo?
“Mi trovavo in piena fase di produzione di Ashes of time e ho pensato che sarebbe stato possibile girare, nei momenti di pausa, un altro film, in tempi molto veloci, meno di tre mesi… La struttura binaria del film è del tutto inconsapevole. All’inizio volevo raccontare tre storie, poi mi sono accorto che la prima storia costituiva da sola la metà del film e quindi mi sono limitato a raccontarne due. Scrivevo la sceneggiatura in funzione delle riprese. Si girava una scena e il giorno dopo scrivevo la successiva. Ho scelto due poliziotti ma volevo che il primo non portasse l’uniforme, mentre Brigitte Lin, con la sua apparenza così fredda e la parrucca bionda é anche lei, a mio avviso, in uniforme. Sono rimasto molto affascinato dall’altra attrice , Wang, la cameriera della seconda parte del film. Nella scena in cui incrocia Brigitte Lin, per me si tratta della stessa donna con dieci anni di scarto… Dal momento che sono abbastanza pigro per trovare nomi ai personaggi ho pensato di utilizzare dei numeri, cosa che dava una certa atmosfera. In fondo Kafka chiamava K. tutti i suoi protagonisti!” (Wong Kar-Wai)
E chi meglio di lui poteva spiegarci questo capolavoro di tecnica cinematografica, mescolanza di stili, piani sequenza che fanno sembrare d’azione anche un film romantico, in una parola, anzi tre, Hong Kong express?
www.paoladigiuseppe.it
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