Regia di Josef von Sternberg vedi scheda film
Bellissimo film in cui Sternberg abbandona il suo premeditato irrealismo kitsch per affrontare tematiche sociali: le differenze di ceto, il dramma della malattia e della miseria, la meschinità dello show businness, la persecuzione delle istituzioni, l'amarezza della separazione coniugale. La figura della madre, costretta ad una vita balorda per amore e per povertà, a cui sottraggono la custodia del figlio sarebbe diventato un classico cavallo di battaglia femminista, 40 anni più tardi, e ancora oggi risulta un argomento assai gettonato. Film moderno a livello di contenuti, dove il maschio è sempre psicologicamente soggiogato dalla femmina, dimostra la sensibilità registica di un autore, Sternberg, troppo spesso criticato per gli eccessi, i barocchismi e la proverbiale "suspension of disbelief" richiesta ai suoi spettatori. Qui lo aiuta, ovviamente, un'indimenticabile Marlene, non solo icona di fascino, erotismo ed "indifferenza", ma attrice completa, sfaccettata, dolente e straziante, come tenera ed ironica. I duetti della Venere Bionda con quell'attore di classe infinita che rispondeva al nome di Cary Grant sono qualcosa da inserire nelle antologie del cinema. Melo prosciugato, ellittico, privato dei momenti di passione e seduzione, in controtendenza rispetto al patetismo hollywoodiano, anticipa i toni disillusi e il freddo abbandono di un Fassbinder, costringendo i tre amanti a reprimere le loro più autentiche pulsioni, e offre sequenze di straordinaria verve registica: il bagno nel lago, con le ninfe scrutate da dietro gli arbusti; il numero del Gorilla; l'incontro fra il detective e Marlene.
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