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Venere bionda

Regia di Josef von Sternberg vedi scheda film

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La recensione su Venere bionda

di luisasalvi
8 stelle

In quei tempi aveva grande successo, anche scandaloso, in Parigi, Joséphine Backer, nota come "the Black Venus"; Helen (Dietrich), la protagonista, canta anche lei a Parigi, con modi simili. Si racconta che nel progetto iniziale Helen doveva essere una prostituta fredda, crudele e spietata, ma che la produzione impose un lieto fine a favore dell'ordine familiare, provocando incoerenze narrative e stilistiche. In realtà il film ha le incoerenze narrative tipiche di Sternberg e dovute ad una sovrana indifferenza per il realismo, ma la figura di Helen è coerente, e positiva sempre, e mi pare che si inserisca bene, così, nella riuscita serie di personaggi che Sternberg ha fatto disegnare alla Dietrich, sempre bella, affascinante e generosa, ma sempre diversa: ora soprattutto madre tenera ma anche moglie generosa e pronta al sacrificio, pur nella costante libertà da ogni moralismo borghese, che caratterizza ogni suo personaggio. Le incoerenze narrative poi sono qui meno rilevate che in altri film perché più vistosamente trascurati sono i dettagli narrativi: il matrimonio della cantante e ballerina con il chimico Edward Faraday (Marshall), la malattia professionale di lui, l'aiuto generosamente e forse in parte disinteressatamente fornito dal ricchissimo Nick Townsend (Grant), il ritorno al successo di Helen, tutto è appena suggerito senza bisogno di spiegazioni; il facile ritorno al successo, ripetuto due volte, si spiega con l'evidente fascino di Helen, cioè sempre della Dietrich, tanto più evidente quanto meno è ricercato: in tutto il film non ci mostra mai le celebri gambe (tranne all'inizio, sott'acqua e assieme ad altre…), neppure quando le deve far vedere al direttore del teatro…

L'impostazione del racconto è genialmente centrata sul figlio Johnny, teneramente amato da entrambi i genitori e il cui ruolo nel film è molto ben utilizzato dal regista, con la giusta dose di sentimentalismo, attenuato dal gioco a sorpresa del racconto fiabesco ripetuto dai genitori che ogni sera mimano il loro primo incontro nella Foresta Nera, dove il giovane Edward si era recato con amici ed aveva scoperto Helen che con altre amiche attrici faceva il bagno nuda in un laghetto (ma che fosse nuda non è raccontato al figlio): è la scena con cui inizia il film, che poi passa a sorpresa all'immagine di Johnny che fa il bagno nella vasca, poi si fa raccontare ancora una volta la storia di quell'incontro e dei primi baci che papà e mamma si diedero quella sera e ora ogni sera ripetono davanti a lui; alla fine sarà proprio questa scena, ripetuta a richiesta del bimpo, a ricongiungerli. Poco importa cosa sia il "contagio" provocato dalle ricerche di Edward sulle radiazioni e in cosa consista la cura costosissima che sa fare solo un medico in Germania; non importa neppure come Helen abbia ottenuto subito un ingaggio molto vantaggioso ed un anticipo tale da consentire a Edward di partire subito per la Germania.

Grant ha un ruolo più nobile e generoso del marito, il cui perbenismo è denunciato come negativo: la produzione evidentemente badava solo al rispetto formale delle regole, e quindi a salvare il matrimonio, ma non alla salvaguardia della mentalità che deve farlo rispettare, in questo simile ad ogni moralismo di tutti i tempi e tutti i paesi, trionfante anche oggi in Italia grazie a gerarchi cattolici ed a politici che spacciano ad ogni angolo professioni di fede cristiana.

Helen non esita a guadagnare il denaro necessario per far curare il marito; questi, al ritorno, la respinge ma vuole tenersi il figlio che qualunque giudice affiderebbe a lui data l'indegnità della madre: è evidente la critica implicita alla mentalità americana (ma non solo quella). Helen riesce a sfuggire alle ricerche della polizia, seduce un ultimo poliziotto e da lui si fa ricondurre al padre cui consegna il figlio perché non ce la fa più a mantenerlo come vorrebbe; finisce in un dormitorio pubblico, dove regala ad una disperata il denaro che il marito le ha "restituito" (per rimettersi a posto la coscienza) per le spese sostenute per le cure e che lei non ha voluto usare per sé; dice di sapersi riprendere da sola, e noi dobbiamo crederle senza vederlo: la ritroviamo trionfante a Parigi, dove incontra di nuovo il generoso Nick, che dopo aver ottenuto di fidanzarsi con lei la riporta dal marito per farle rivedere l'amato figlio, che chiede di nuovo il racconto di quel primo incontro e così ributta i genitori fra le braccia l'uno dell'altro, mentre Nick discretamente si allontana solo e le spettatrici asciugano qualche furtiva lacrima.

Molti punti in comune con Marocco: dall'amore per un maccabeo (ma questa volta supportato dalla presenza di un figlio amato da entrambi) all'aiuto generoso di un ricchissimo con cui arriva a fidanzarsi ma che poi si ritira in buon ordine; c'è anche lo spettacolo in cui è vestita da uomo, ma ora in tight bianco. La critica non trova di meglio che considerare indimenticabili il bagno nuda ed i due spettacoli in cui esce dalla pelle del gorilla e in cui canta vestita in tight; a me pare molto più bella la scena iniziale, poi ripetuta variata alla fine, del racconto del primo incontro, poi la fuga ed il rapido precipitare della situazione, ed il mutare delle espressioni della mamma, nuovi diversi volti della bravissima Dietrich.

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