Regia di P.J. Hogan vedi scheda film
Prima che esplodesse il fenomeno "Mamma mia!", musical di successo a Broadway, trionfo al cinema per Meryl Streep, un piccolo film australiano diretto dal quasi esordiente, Paul J. Hogan, quello de "Il matrimonio del mio migliore amico", ed interpretato dalle semisconosciute Toni Collette e Rachel Griffiths celebrava con affetto ed intelligenza le canzoni degli ABBA. "Le nozze di Muriel" è stato una autentica sorpresa al box office (il classico sleeper): costato nulla ha guadagnato tantissimo, al pari di un altro cult prodotto lo stesso anno nella Terra dei Canguri, quel "Priscilla - La regina del deserto" a sua volta arricchito dalle musiche dello scatenato gruppo pop svedese. L'entusiasmo in patria di allora, forse oggi appare eccessivo: 11 nomination agli Australian Film Institute (gli oscar australiani), vincitore nelle categorie miglior film, attrice protagonista e non protagonista, miglior suono. La commedia di Hogan è simpatica, gradevole e frizzante, ma piuttosto leggerina e discontinua. La prima parte è la migliore, la più spassosa, irriverente e cattiva, anche perché il regista è molto abile nel gestire una storia stramba, folle e sopra le righe, mantenendola in coordinate estremamente realistiche e condendola con tocchi di sorprendente tenerezza. In particolare i primi venti minuti sono irresistibili. Muriel, giovane cicciotella ed emarginata, alle nozze dell'amica Tania con un improbabile vestito leopardato, rubato ad un supermercato, vince il bouquet della sposa, tra l'imbarazzo esplicito dei presenti e l'irritazione evidente delle amiche. Nel frattempo vede il novello sposo fare sesso con una delle damigelle, viene riconosciuta da una commessa del supermercato, casualmente alle nozze e condotta dalla polizia a casa, dove il padre, sindaco potente e corrotto, riesce a convincere i giovani poliziotti a lasciare perdere. Muriel si chiude nella sua stanza a fantasticare ascoltando le musiche degli adorati Abba, ma nel frattempo abbiamo avuto modo di conoscere anche la sua strampalata e caricaturale famiglia. Papà Bill comanda e urla rinfacciando alla figlia di essere una nullità, "troppo cresciuta per qualunque cosa", mamma Betty è perennemente succube del marito, i tre fratelli sono inetti, buoni solo a stare sdraiati sul divano a mangiare e vedere la tv (il ritrattino famigliare è assai colorato ma piuttosto impietoso). Non male nemmeno la parentesi della vacanza ai Caraibi dove Muriel si reca grazie ad un assegno in bianco lasciatole poco prudentemente dalla madre (episodio che manderà in rovina il padre creandogli diversi grattacapi legali). Al mare, dove ha raggiunto, a loro insaputa, le sue amiche snob, ignoranti e pettegole che in precedenza l'avevano brutalmente scaricata, vergognandosi di lei perché "ci fai affondare Muriel, ci rovini la piazza" (la velenosa parodia delle classiche barbie belle, bionde ma incredibilmente cretine è molto riuscita), avrà modo di incontrare la vecchia compagna di classe Rhonda. Con lei inizia una nuova sincera amicizia (bello e smagliante lo spettacolo messo in scena dalle due sulle note di "Waterloo") e si toglie persino la soddisfazione di prendersi una bella rivincita proprio verso le sue dispettose (ex) amiche, attraverso una rivelazione tutt'altro che lusinghiera, capace di smascherare l'ipocrisia e la superficialità di quell'amicizia all'apparenza così indissolubile e culminante in un bell'occhio nero. Il rientro a casa e l'immediata ripartenza per Sidney, la città delle spose, sulle note di "Fernando" suggellano la volontà di Muriel di dare una svolta alla propria vita, cambiando persino il nome in Mariel. Il suo sogno però rimane sempre lo stesso: innamorarsi ed indossare l'abito da sposa per vivere una vita bella come quella delle canzoni degli Abba, bella come "Dancing Queen". E qui il film diventa decisamente più ovvio e risaputo. A parte qualche episodio riuscito ed accattivante (il goffo tentativo di seduzione da parte dell'imbranato ragazzo conosciuto al negozio di videocassette dove Muriel lavora, capace di scambiare la cerniera della gonna della ragazza con la cerniera del divano con effetti esilaranti, la prova vestiti di Muriel e l'album fotografico creato ad hoc, l'ingresso in chiesa in abito da sposa sulle note di "I do, I do, I do, I do") si ha quasi l'impressione che il regista/sceneggiatore Hogan faccia fatica a dare uno sviluppo credibile e convincente alla vicenda. L'improvviso dramma di Rhonda, colpita da un tumore al midollo e costretta sulla sedia a rotelle, il matrimonio combinato con un super bello nuotatore sudafricano che necessita del passaporto australiano per gareggiare alle Olimpiadi, sono parentesi narrative un po’ forzate e semplicistiche che tolgono ritmo ed originalità alle curiose avventure di Muriel. Poi nel finale, dopo la morte di mamma Betty (un personaggio toccante nella sua semplicità, si veda la sequenza in cui arriva in chiesa in ritardo al matrimonio della figlia e si siede sull'ultima panchina proprio mentre la raggiante Muriel sta uscendo a braccetto del marito, senza nemmeno accorgersi della sua presenza), il film riprende il volo e trova una sua più congeniale dimensione nostalgica ed ariosa: Muriel decide di smetterla con un'esistenza all'insegna delle bugie, lascia il bel maritino che le si è concesso per una notte, saluta il padre inchiodandolo alle sue responsabilità soprattutto verso i figli, ritrova l'amicizia di Rhonda e con lei riparte per Sidney, mentre in sottofondo scorrono le note di "Dancing Queen", preludio ad un'esistenza probabilmente migliore e più appagante, da vera "regina danzante". Interpretato brillantemente ed ironicamente dalle due vibranti ed energiche protagoniste ed impreziosito da un cast di supporto assai ispirato (menzione speciale per i genitori di Muriel), "Le nozze di Muriel" è una ballata romantica maliziosa ed allegra, a tratti bizzarra, caustica ed acida, quasi l'altra faccia del cinema impegnato di Jane Campion, tra l'altro ringraziata nei titoli di coda. Meno tagliente, stravagante ed eccentrico di quanto le premesse facessero però intendere. Va da sé che le musiche degli Abba, che per concedere al regista i loro brani, dopo un iniziale rifiuto, hanno chiesto ed ottenuto una percentuale sugli incassi del film, costituiscono un valore aggiunto non indifferente e fanno da perfetto commento alle grottesche e buffe vicissitudini di una ragazza come tante che, in fondo, vorrebbe essere solo se stessa. Prodotto dalla moglie di Paul J. Hogan, Jocelyn Moorhouse, regista a sua volta di film come "Istantanee", "Gli anni dei ricordi" e "Segreti".
Voto: 6
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