Regia di Alessandro Benvenuti vedi scheda film
Benvenuti scrive (con Ugo Chiti e Nicola Zavagli), dirige ed interpreta il ruolo del protagonista-mattatore del film: come artista è decisamente maturo (viene dal teatro, dall'esperienza con i Giancattivi, con Nuti e la Cenci, e da ormai quindici anni sta anche dietro la macchina da presa) e il risultato si fa apprezzare. Peraltro è sempre Benvenuti a scrivere le canzoni originali contenute nel film: plauso ulteriore. Lo stralunato Ivo è la mosca bianca in una società appiattita culturalmente (dove perfino il nozionismo è una dote pregevole) e nei costumi, in cui il 'matto' è l'unico a poter indicare la via verso il ritorno alla semplicità; la storia d'amore/tenerezza/ammirazione con la Neri/Sara è certo poco originale, ma non disturba nel complesso. Bravo anche Vito, caratterista dotato e sfruttato raramente dal cinema italiano. Qualche spunto visionario (l'incidente, in cui la scena dello scontro è punteggiata dalle lastre che ne conseguono) o buffo (Ivo innamorato che torna a casa ed annuncia a sè stesso, in giradino ed affacciato contemporaneamente alla finestra del piano di sopra, il nome di Sara) rende infine il film un lavoro riuscito, sia pure senza grandi messaggi da lasciare. 6/10.
Ivo è un barbuto quarantenne che ha passato un periodo in manicomio e ora vive da solo in campagna: la sua testa è piena di numeri e informazioni sullo stile delle curiosità della Settimana enigmistica, ha ottime capacità nel disegno, ma fatica ad esprimersi con gli umani. Conosce per caso un'assistente sociale, Sara, di cui si innamora. Lei, piuttosto, ammira in lui la semplicità e la follia geniale.
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