Regia di Luc Besson vedi scheda film
Dopo il successo di Nikita, cimentarsi nuovamente con il tema del killer solitario, per lo più in quel di Hollywood, è stato un grosso richio. Besson avrebbe potuto cedere alla tentazione decalcomania, con temi e toni ridondati, appesantiti dai lustri e dagli sfarzi di un budget praticamente senza limiti. Non è stato così. Il codice genetico della storia è il noto binomio del mostro e della bambina, un mostro che si scopre troppo ingenuo per la sua età, una bambina troppo smaliziata per la sua: cresceranno insieme in una reciproca educazione sentimentale che passa dalle due facce dell'esistenza: amore e morte. Il film funziona benissimo, con scene di azione nello stile del regista, dunque potenti e sorprendenti e l'intimità fresca di due compagnucci che affrontano i saliscendi della giostra della vita. Va detto, per onestà, che questo delicato equilibrio sta in piedi grazie ad un enorme Jean Renò, la cui espressività riecheggia Buster Keaton come non mai: le titubanze, lo stupore, la timidezza, eppure la forza, la spietatezza quando veste i panni dell'addetto alle pulizie, come dice lui. Bello, originale, dolce e avvincente. Forse non un capolavoro ma un progetto unico e difficilmente imitabile.
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