Regia di Mimmo Calopresti vedi scheda film
Come un fugace tentativo di riprendere il passato in sicurezza, Alberto va tutte le settimane ad allenarsi su di una canoa immobile, remando in una piscina praticamente inesistente, senza il pericolo di bagnarsi cadendo in acqua, remando con meccanicità, con un muro di fronte agli occhi, i buio, e l'opacità della vita di tutti i giorni. E non riprova più a salire su di una canoa vera, non tenterà più di superare le rapide, non si imposterà più un traguardo, una meta da raggiungere, per far finta di essere felice per pochi attimi. Lo stesso, gli accade anche nella vita di tutti i giorni: gli spararono in testa, ma rimase vivo, anche se continua ad avere un pezzo di piombo piantato alla basa del cranio, era uno dei nuovi “padroni” di fabbrica, uno di quei pezzi grossi che non si discutono, uno come tanti del resto, omologati in una vita di profitto, un capitalista, ma ora ha cambiato idea, ha deciso di passare dalla parte di quelli che stanno sotto, restando però dietro alle quinte, o meglio dietro la cattedra di una università. Lisa invece, deve stare dietro alle sbarre, con un permesso, guadagnato dopo tanti sacrifici, che le consente di uscire in semi libertà. Cosa li accomuna? Entrambi non sono davvero pentiti, semmai stanno in una fase intermedia, hanno capito i loro errori e gli anni accettati cercando di rimediare, ma non maledicono il loro passato: sarebbe troppo facile ed ipocrita. Ed Alberto, probabilmente se ne sarebbe fregato di chi gli ha sparato, se non l'avesse rincontrata per strada, casualmente, e se non l'avesse cominciata a seguire: le voglie di Moretti si fanno sempre sentire, anche in contesti non propriamente suoi, e qui, la voglia di rincontrare qualcuno che ci ha fatto del male, è troppo forte, anche più del voler sapere il perché la si vuole rincontrare. Ma un perché in realtà non c'è: la comunicazione tra il terrorista e la sua vittima (le parti sono intercambiabili) è concettualmente impossibile, perché una si astrarrà, e l'altro si materializzerà, e questo li porterebbe a contraddirsi da soli. Cos'è dunque, che vuole dirci La seconda volta (intesa come il secondo incontro tra i due)? Un'opera di introspezione, che non comunica, perché nulla di quanto mostrato può essere comunicato, pertanto, la scena del dialogo finale viene quasi tutta oscurata, lasciata all'immaginazione, ma è prevedibile che nessuno venga a capo di niente: “Crede veramente a queste cazzate?” dice Moretti quando lei difende i principi del terrorismo, e non serve altro, perché da uomo maturo, sa perfettamente che le Brigate rosse erano semplicemente dei mercenari, corrotti e manipolati dai potenti, come capro espiatorio, e come mezzo per diffamare il PCI, quindi non serve dire altro. Ma alla fine ciò che conta, è sempre ciò che sta in superficie: la terrorista sgarra alle regole e ritorna in galera a scontare la sua pena, il padrone disilluso, prende il treno per lasciare l'Italia. C'è un futuro in tutto questo? Le pagine della storia devono scriverlo, e per ora, non è che ci sia tanto da stare tranquilli. Una grande opera, che non è in cerca di facili soluzioni, e che conferma Moretti come attore straordinario, oltre che come uno dei nostri più grandi autori.
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