Regia di John McTiernan vedi scheda film
“Die Hard – Duri a morire” è l’episodio conclusivo della trilogia di John McClane (Bruce Willis) che ha creato negli anni ’90 un vero e proprio franchise (con tanto di videogames, gadget e pupazzetti che hanno spopolato nel mondo). Stavolta il coriaceo sbirro di origine irlandese deve vedersela con un (apparente) mentecatto (Jeremy Irons), che lo sottopone a trabocchetti che mettono a dura prova la sua intelligenza e la sua incolumità, ma soprattutto quella dell’involontario compagno di viaggio Zeus (Samuel L. Jackson), con lo scopo di depistare McClane e soci per i suoi loschi traffici. Il film è foriero di situazioni entrate nella storia del cinema (gli indovinelli di Simon, il mitico artificiere patito per la chimica, l’incontro traumatico tra i due protagonisti, il finale spettacolare che suggella il mito moderno di McClane come una sorta di incrocio tra Ulisse ed Ercole, indomito incassatore, protagonista di un’epopea metropolitana, ma anche semi-invincibile). Anche il ritorno di McTiernan alla regia (intervallato da Renny Harlin nel secondo episodio) contribuisce a rendere il film estremamente interessante (McTiernan si presenta con una inattesa deflagrazione nel primo minuto del film, quasi un biglietto di presentazione, un benvenuto ai fan), coi dialoghi intensissimi e memorabili, anche se la figura di Simon, una volta palesatosi, risulta molto impalpabile, passando da terrorista terribile e quasi imbattibile, a una figura liquidata in quattro e quattr’otto da McClane. A ben guardare è proprio nei dettagli a perdersi questo “Die Hard – Duri a morire”, per il resto un film che rimane godibile e dignitoso.
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