Regia di Claude Chabrol vedi scheda film
Ci sono tutti gli ingredienti del cinema di Chabrol in questa bella pellicola: dramma psicologico, ambiguità morale della borghesia, contraddizioni del modernismo. C'è anche un'accelerazione della vicenda, grazie alla personalità delle due protagoniste, Sophie( S.Bonnaire) e Jeanne (una Huppert così brava da sembrare quasi sopra le righe). Entrambe problematiche con grossi disagi celati che hanno segnato la loro mente. Si contrappone una famiglia borghese che vive in una tranquillità quasi stucchevole per conciliare i componenti così diversi, in apparenza, fra di loro. Tutto però funziona mentre il racconto sale di tono per l'implosione finale,finchè si evita lo scontro fra il mondo perbene e quello anormale dei disagiati. Anzi sono questi ultimi a cercare di conformarsi agli altri, per invidia e per desiderio di normalità. Per i normali invece gli altri semplicemente non esistono(notare la reazione del padrone di casa alla gravidanza della figlia e al ricatto avanzato da Sophie, non c'è dialogo, nessun tipo di rapporto se non la difesa del proprio status sociale). Quando l'ostilità coinvolge tutti i protagonisti definitivamente, mentre i benpensanti non hanno strumenti per rispondere al disagio, gli altri animati dal rancore, dall'attrazione,e dalla rabbia di subire, a loro modo di vedere solo ingiustizie, fanno esplodere la violenza. Dunque tutti vittime e colpevoli del proprio passato per una società che che per andare avanti non può permettersi altro che di non voltarsi indietro. Credo che Chabrol voglia dire questo,senza prendere posizione, più spettatore in equilibrio sul filo della realtà che giudice di sommarie sentenze.
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