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Il buio nella mente

Regia di Claude Chabrol vedi scheda film

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La recensione su Il buio nella mente

di steno79
9 stelle

Forse la vetta della filmografia chabroliana, "La ceremonie" è una pellicola inquietante, disturbante, un thriller sul conflitto di classe fra i più taglienti e corrosivi che si siano visti nel cinema degli ultimi trent'anni, un saggio da manuale sulle pulsioni criminali che nascono dall'invidia per i privilegi di una borghesia sostanzialmente egoista. 

Il titolo italiano "Il buio nella mente" lo trovo un po' banale, mentre l'originale è certamente suggestivo, ma molti non coglieranno il riferimento al rituale che precede l'esecuzione capitale. La storia della colf analfabeta Sophie assunta dalla ricca famiglia Lelievre in una villa della Bretagna, del suo rapporto prima proficuo ma poi sempre più conflittuale con i datori di lavoro e della sua amicizia con la postina Jeanne, altra emarginata dalla società.

La sceneggiatura dello stesso Chabrol e di Caroline Eliacheff, tratta dal romanzo "A judgement in Stone" di Ruth Rendell, è molto precisa nel disegno dei personaggi, ma è soprattutto molto attenta alla resa delle sfumature psicologiche. Qualcuno ha citato Marx come possibile nume tutelare dell'operazione, ma "La ceremonie" e' soprattutto un film di psicologie femminili tormentate, di personaggi che nascondono oscuri segreti in un passato che non riescono a cancellare, di sguardi enigmatici, con la protagonista Sophie che ripete continuamente "Je ne sais pas", affermando nel dubbio e nel pessimismo la chiave di volta di tutta l'operazione. Dunque, la proverbiale cattiveria chabroliana e la satira antiborghese ci sono certamente, ma c'è anche una suspense costruita con impeccabile economia di mezzi, una regia di levità mozartiana che non ha mai bisogno di calcare la mano sugli effetti anche se si concede qualche piccolo tocco autoironico come la citazione televisiva del film di Chabrol "L'amico di famiglia" con Michel Piccoli.

Straordinarie le due protagoniste Isabelle Huppert e Sandrine Bonnaire, entrambe meritatamente premiate al festival di Venezia, anche se fu la Huppert a vincere il Cesar: impressionanti risultano la carica vitale di Jeanne e il suo senso dell'umorismo, utilizzato anche in scene molto dure e dolorose, con l'attrice che fa una sorta di sintesi delle sue eroine negative chabroliane, qui in uno dei momenti più alti della carriera. La Bonnaire, tuttavia, è quella con il maggiore screen time e riempie lo schermo con una mimica facciale di cupa essenzialità, risultando ugualmente memorabile. Molto buoni anche i contributi di una Bisset cinquantenne e ancora sexy, di un Cassel antipatico senza mai andare sopra le righe, di un'ottima Virginie Ledoyen. Film di implacabile rigore e di atroce crudezza pur nella totale assenza di elementi sensazionalisti, "La ceremonie" è un film ancora attualissimo, una perla avvelenata da un regista che fu molto discontinuo, ma che quando meno ce lo si aspettava era capace di sorprendere con gioielli di questo calibro.

Voto 9/10

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