Regia di Hervé Palud vedi scheda film
Un broker finanziario parigino scopre di avere un figlio nato e cresciuto nella foresta amazzonica, dove la moglie si era trasferita quando era incinta. Il ragazzo sogna di vedere Parigi e la Torre Eiffel. Il padre si vede costretto ad esaudire il suo desiderio. L’incontro tra il piccolo “indiano” e la metropoli moderna produce i suoi comici e prevedibili effetti.
Il film di Hervé Palud non pretende in alcun modo di passare alla storia. Vuole soltanto raccontare una favola e divertire. E ci riesce, a dispetto di chi non apprezza il cinema facile facile, anche se è realizzato con classe, molto humour e senza volgarità. Lo aiutano in questo i protagonisti adulti della vicenda, dal nevrotico papà interpretato con naturalezza da un divertito Thierry Lhermitte, passando per Patrick Timsit, il suo collega pasticcione in un ruolo cucito su misura, fino alla troppo breve partecipazione di Miou-Miou, capace di rara intensità anche nei film più leggeri. Alcune gag vanno a segno, altre sono certamente più scontate, ma non ho difficoltà a comprendere il notevole successo riscosso dal film alla sua uscita nelle sale. Per molti ragazzini e adolescenti francesi dell’epoca, “Un indien dans la ville” ha rappresentato un sogno, un inno alla fantasia, uno di quei racconti che restano nella memoria. Forse hanno esagerato a farne un cult-movie, ma io non ho forse amato a quell’età Franco e Ciccio, Jerry lewis e l’allora disprezzato Totò? “Non è cinema serio”, mi sentivo dire... ma quanto mi divertivo! Ecco, secondo me, questo piccolo e grazioso film si colloca in quella costellazione cinematografica.
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