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Shark - Il primo squalo

Regia di Jon Turteltaub vedi scheda film

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La recensione su Shark - Il primo squalo

di giurista81
3 stelle

 

Dopo il pessimo Shark Attack 3 (2002) e il romanzo italiano Megalodon – Il Predatore Perfetto (2012) di Aaronne Colagrossi, Hollywood, tramite i tipi della Warner Bros, decide di riesumare il ciclopico megalodonte curando la trasposizione cinematografica di quello che è stato, probabilmente, il romanzo di ispirazione delle successive opere nonché capostipite di un ciclo di sei romanzi: Meg: A Novel of Deep Terror (1997) di Steve Alten.

Il progetto vede la linea del traguardo dopo più di venti anni di trattative, saltate a causa della decisione dell'autore del romanzo di bocciare le sceneggiature (posso solo immaginarmi che boiate fossero) e a causa divergenze varie. Quando alla fine la sceneggiatura finisce nelle mani di Jon Turtletaub (Il Mistero dei Templari, L'Apprendista Stregone), chiamato a sostituire il dimissionario Eli Roth, il film che ne deriva è ormai del tutto sorpassato da quanto prodotto dalla concorrenza. Lo spettatore che si siede sulle poltroncine del cinema nel 2018 resta non poco deluso dalla proiezione, specie se si valuta la lunghissima gestazione dell'opera e le garanzie offerte da parte del cast artistico. Il film, decisamente edulcorato da effetti gore, appare infatti un collage di sequenze ritagliate da una lunga serie di film incentrati sugli orrori marini. Si parte dalle pellicole ambientate negli abissi, penso a Leviathan o La Creatura degli Abissi, e si passa alle opere più convenzionali dove lo spettatore ha potuto ammirare gli squali (c'è anche una citazione alla piovra). Non può mancare Jaws di Spielberg (da cui vengono riprese la scena con il sub all'interno della gabbia che tenta di iniettare un veleno nello squalo nonché l'immancabile scena dei turisti in spiaggia pronti a far banchettare il mostro) che apre l'ideale sfilata proseguita da Lo Squalo 3 (scena del Megalodonte che azzanna la vetrata subacquea dell'acquario gigante in cui si svolge il film), Lo Squalo 4 (il rilevatore che suona agganciato allo squalo) e persino il pessimo Shark Attack 3 (l'idea del megalodonte piccolo che viene ucciso dai protagonisti che ignorano la presenza del megalodonte gigante) nonché il recente Paradise Beach (il tipo che per salvarsi dall'attacco dello squalo cerca di montare sopra la carcassa galleggiante di una balena sventrata).

Turtletaub tenta di ovviare all'inevitabile inserendo grosse dosi di ironia, oltre un protagonista come Jason Statham che sembra spaesato in un progetto del genere. L'operazione fallisce sul versante qualitativo, ma non negli incassi. Nel week-end di esordio negli Stati Uniti il film conquista il primo posto e incassa nel complesso qualcosa come 527.000.000 dollari (a fronte dei 150 milioni di budget).

Il budget c'è e si vede, ma questo non basta a farne un film memorabile. La valutazione finale è sotto il mediocre, superato in tutto quello che propone. L'inizio, pur se non credibile (la decompressione non si sa cosa sia, a esempio, inoltre si scende a 11.000 metri come se si fosse sulla superstrada FI-PI-LI, senza considerare che un bestione come il megalodonte non potrebbe vivere né nutrirsi a quelle profondità), lascia presagire a qualcosa di sufficiente, purtroppo però non appena gli squali giungono in superficie si cade nel ridicolo. Cosa dire, infatti, degli inseguimenti subacquei tra il megalodonte e il piccolo sommergibile guidato da Statham in modalità caccia sottomarino? Per non parlare dei salti fuori dall'acqua del bestione che azzanna e digrigna i denti.

Criticabile anche la caratterizzazione del megalodonte che non ha alcuna remora nell'attaccare e non lesina nel colpire imbarcazioni, ma solo quando gli viene voglia e senza alcun motivo apparente. Non è infatti la fame a dirigerlo, ma una volontà assassina che non si capisce bene come avrebbe potuto guidarlo negli abissi più remoti dell'oceano.

Viene da sorridere nel ripensare alle frasi di Steve Alten che nel bocciare la sceneggiatura proposta dalla Disney a fine anni novanta disse: “il film avrebbe dovuto seguire la scienza e non il ridicolo.” Evidentemente la scienza è una bestia troppo veloce e sfuggevole per il megalodonte cinematografico.

 

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