Regia di Mathieu Kassovitz vedi scheda film
Un talento puro al servizio di una realtà dura attraverso idee e follia.
Una giornata nella malfamata zona periferica di una città francese, non la peggiore o la migliore, una come tante immerse nella propria cinica quotidianità.
Mathieau Kassovits si è un po’ perso per strada, saranno i soldi o forse l’autocompiacimento solito a cui costringono questi tempi esasperatamente esaltanti. Resta il fatto che quando sul biglietto da visita c’è un film come L’odio vale sempre la pena darci un occhio, penso che se anche nei prossimi vent’anni dovesse continuare a sfornare robaccia come fa da qualche anno a questa parte un illuso come me a sperarci in una sua rinascita lo troverà sempre.
Un’opera sentita e la cu brutalità arriva dritta al cuore perché sì i discorsi sono urlati e lo sfondo orribilmente degradato ma par di stare a teatro, è tutto palesemente grottesco ed ironico ad un livello che la lucida onestà viene fuori senza filtri, non servono d’altronde per quanto l’intera vicenda è scherzosa e sopra le righe.
Rappresentazione della realtà che migliaia di persone vivono parallelamente alla nostra, una realtà quasi opposta ed odiosamente ingiusta attraverso il modo urlato e disperatamente vivo che hanno i protagonisti di viverla. Una canzone nel mezzo zittisce le parolacce e le scaramucce rompendo la frenesia con una carrellata imponente su un degradato viale a caso tra i palazzi, persino i bambini smettono per un po’ di giocare al pallone in modo da godersela perché – come lo spettatore capirà – sono le piccole gocce d’acqua dissetanti che ha la gente per distrarsi (e noi per prendere fiato da una trama senza tregua). I ragazzi esaltati verranno ad un certo punto catturati e la loro rabbia immotivata, come noi non avremmo mai desiderato vedere, mostrerà le proprie radici. Arriverà il finale poi, la vera resa dei conti che nel giro di pochi minuti ammetterà una realtà drammaticamente onesta e contraddittoria.
Persino la telecamera non riesce a trattenersi volteggiando ovunque come noi stessi fossimo lì a spintonare imprecando con quei quattro scalmanati immersi in visioni folli, alla base dell’intera storia c’è un fatto realmente accaduto: in ogni modo il regista tenta di arrivare dritto a smuovere le nostre viscere.
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