Regia di Mathieu Kassovitz vedi scheda film
Kassovitz genio precoce si è perso per strada, ma la La Haine è un capolavoro nudo e crudo!
« Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di 50 piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all'altro, il tizio per farsi coraggio si ripete: "Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene." Il problema non è la caduta, ma l'atterraggio. »
Ricordo che mi imbattei in questo film abbastanza casualmente. Era il 1996 e con un amico noleggiai la vhs( che tempi!) attratto soltanto dall'immagine di copertina. Quegli occhi neri, profondi, spaventati.
Scelta inconsapevole ma maledettamente azzeccata, perché poi lo rividi circa una trentina di volte.
Periferia parigina.
All'indomani del pestaggio da parte della polizia di un giovane arabo, Abdel, scoppia la rivolta nella banlieue Tre giovani amici, Said, Vinz, Hubert. Un magrebino, un ebreo ed un nero. Trascorrono le loro giornate tra canne, fancazzismo, un po di palestra e qualche rissa, niente di che. Fino a quando il più iracondo dei tre, Vinz, trova la pistola di ordinanza persa da uno sbirro durante una incursione proprio nel loro quartiere.
È giunta l'ora di rispondere alla violenza con altra violenza?
Kassovitz ,allora soltanto venticinquenne, illuse tutti con questo film che a ragione fu campione d'incassi in Francia e che vinse numerosi premi in patria, incluso Cannes ( miglior regia). Girato in un bianco e nero lancinante, che restituisce la disperazione ed il grigiume di quelle vite, La Haine è un film durissimo che non fa sconti, lontano dal compiacere lo spettatore, per la desolazione sociale che tratteggia. Pesantissima la critica sociale contro il governo ed alle forze di polizia ,colpevoli di ripetuti ed ingiustificati abusi di potere ( lo spunto del pestaggio è reale), ma ciò che lascia veramente il segno è il microcosmo che il regista costruisce attorno alla storia, e la capacità di calare senza remore lo spettatore nella Banlieue, mai cosi vera. Nessun regista è stato più in grado di far vivere una periferia così.
Una società in un baratro morale e senza pietà , specchio dei nostri tempi devastati e vili, dove "non si corre più veloce delle pallottole". Perdenti destinanti al fallimento, figure grottesche che solcano la periferia come malinconici clown, feccia senza possibilità di riscatto, tutti maledettamente in lotta ma senza sapere contro chi. La polizia, la televisione, gli americani, bo?
ma è quello che serve per dimostrare di essere ancora vivi.
Meravigliosi i tre protagonisti, che utilizzano i loro reali nomi di battesimo. Said e Hubert sarebbero andati in contro all'oblio cinematografico chissà perché. Vincent Cassel nei panni dell'ebreo regala una prova indimenticabile. Scimmiotta Travis Bickle davanti allo specchio , urla, picchia, scappa . È lui il motore dell'intera vicenda, nei cui occhi traspare una rabbia isterica e brutale, ma al tempo stesso anche un barlume di disperata umanità. Ma è un predicare nel deserto, un urlo strozzato in gola.
Un film che inscenando il nulla che ammanta la vita dei disperati di Parigi , alla fine ne fa degli eroi , trasformando un disagio in esigenza sociale e lotta per i propri diritti. Un film capace di annichilire anche il più scafato degli spettatori, annientandone ogni riserva in un finale che buca lo stomaco. Kassovitz si è perso strada facendo, ma "La Haine"resta indimenticabile
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