Regia di Mathieu Kassovitz vedi scheda film
L'odio è il graffio rabbioso che accartoccia e deturpa la realtà. È un ronzio di sottofondo nell'aria rarefatta della periferia, che solo le musiche rap e scratch sono in grado di coprire. È il caos di un brodo primordiale che non cova la creazione, bensì la distruzione, e nel quale la vita non è azione per un obiettivo consapevolmente scelto, bensì reazione contro un bersaglio preso a caso. La natura della cosiddetta "spirale di violenza" è proprio questa: un meccanismo impazzito che si avvolge su se stesso, e non smette di ruotare finché la sua carica di energia non evade dal circuito ed esplode. In questo film il realismo, pur restituendo un impressionante quadro della devianza sociale, avvicina, anziché allontanare, lo spettatore rispetto alle figure dei tre protagonisti. La cinepresa, che è piazzata in mezzo a loro, e registra fedelmente il loro modo di pensare, finisce per creare un'inattesa forma d'empatia, in cui anche l'assurdità e l'avventatezza finiscono per giustificarsi, nel quadro di una filosofia perfettamente in linea con il carattere instabile e infido dell'ambiente circostante.
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