Regia di Mathieu Kassovitz vedi scheda film
Brutto, stupido. Un film indisponente come i suoi protagonisti: di una pochezza umana rara.
Non pare proprio raggiungere quel che vuol essere, ovvero un film di denuncia sul problema della grave mancata integrazione che in Francia ha coinvolto tanti figli di immigrati dalle ex colonie sfruttate dai francesi: sembra invece quasi giustificare il disprezzo nei loro confronti, per come li mette alla berlina.
L’idiozia e la miseria mentale la fanno da padrone, sempre. L’unica scena buona è quella delle violenze inflitte dai poliziotti in caserma: denuncia seria. A parte quei cinque minuti, il resto è tutto molto commerciale: con l’esibizione della violenza e della volgarità più gratuite.
Ma quel che manca, e in modo clamoroso, sono gli spunti di riflessione sui motivi di tale disagio sociale che è tanto enorme quanto storicamente accaduto, e tuttora in atto: e necessita certo di spunti per riflettere, come questo film parrebbe volere fare, pur fallendo clamorosamente nel proprio intento.
La scemenza qui si autoalimenta. Il livello non è più alto dei film demenziali, americani e non.
Tecnicamente è abbastanza ben confezionato, specie per l’uso della telecamera e della fotografia; ma ciò non basta a salvare la pellicola dell’allora giovanissimo Kassovitz. Che a 28 anni ha puntato evidentemente molto più sulla provocazione che sul significato, che non era in grado di gestire, e che è comunque la componente più importante.
Resta un mistero come tale film sia apprezzato dalla critica.
Fastidiosissimo Cassel, per il suo personaggio irritante ma anche per come recita, in modo stereotipato e televisivo. È proprio la quintessenza del film: limitato e convenzionale tanto quanto la sceneggiatura.
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