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The Cloverfield Paradox

Regia di Julius Onah vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Cloverfield Paradox

di mck
5 stelle

“Questa dimensione ci sta massacrando!” [“This dimension is eating us alive!”] -- “E a me lo dici?” [“E a mi 'ta m'al diset?”].

"CloverField" (***½-¾) di Matt Reeves e Drew Goddard, l'originale capostipite del 2008, è un buon, anzi un assai valido, point-of-view di found-footage, non certo seminale, ma insomma, quasi.

"10 CloverField Lane" (***¼-½), il side-quel concentrazionario in unità di tempo e luogo di D.Trachtenberg/D.Chazelle/J.Campbell/M.Stuecken, del 2016, è un buon survival/escape-movie d'assedio, con 3 ottimi interpreti e una più che sufficiente autonomia a prescindere dal contesto da cui deriva e/o in cui è stato immerso/inserito.

 

 

The Cloverfield Paradox” (già/ex “God Particle”) di Julius Onah (“the Girl Is in Trouble”, “Luce”), pre/side-quel dei primi due - in attesa del 4° capitolo del CloverVerse, il pre-prequel dalla WW2, diretto da Julius Avery col titolo di lavorazione “OverLord”, già bell'e pronto per l'uscita: domani o fra qualche mese - è invece, prendendo in prestito una riga di Boris Sollazzo su Rolling Stone, un'opera “che non ha struttura [in cui] gli errori non diventano svolte di sceneggiatura, ma solo punteggiatura”, nata da uno script, pre-esistente all'innesto con l'universo abramsiano, di Oren Uziel ("22 Jump Street") - da un suo soggetto scritto a 4 (2) mani con Doug Jung ("Big Love", "Banshee", "Star Trek: Beyond") - a cui sono stati aggiunti qualche identificabile (colossale, mastodontico, sesquipedalico) riferimento interno ed un visivamente riuscitissimo finale (l'eternamente in sviluppo/lavorazione "the Leviathan" di Ruairí Robinson, Jim Uhls e Neill Blomkamp, per ora solo un concept teaser), per altro del tutto simile, concettualmente, a quello di "10 Cloverfield Lane".  

 

 

Alcuni dialoghi, troppi - sia in quanto tali, cioè interazioni tra personaggi, sia in quanto portatori di trama -, sono di un'idiozia rara. Davvero respingenti, indigeribili, irricevibili, indescrivibili, intrascrivibili, intraducibili: “Because you are sweet. Because people are starving. Because our energy supplies are running out. And this mission could unlock an endless supply of power that could save us all”. Come direbbe Rick Moranis all'inizio di “SpaceBalls” di Mel Brooks mettendo subito le cose in chiaro: “È chiaro per tutti?! Bene”.

 

E ancora. Immaginatevi un'intervista in cui la versione scema (eh si, perché porsi dei limiti?) di Roberto Giacobbo/Antonino Zichichi risponde alle incalzanti domande della versione 'mmeregana di deldebbio/belpietro o cristinaparodi/biancaberlinguer:

- Every time they test it, they risk ripping open the membrane of space time, smashing together multiple dimensions, shattering reality. And not just on that station, everywhere. This experiment could unleash chaos... The likes of which we have never seen. Monsters, demons, beasts from the sea... 

 

 

- To clarify, you believe their efforts to solve the energy crisis might unleash demons?

- Yeah. Oh, yeah. 
Loggiuro, sono le esatte parole.

L'elemento più "alieno", nel senso "buono", del film è - compresa un po' di bavetta non xenomorfa - Elizabeth Debicki (Jordan Baker nel Grande Gatsby di Luhrmann, Lady Macduff per Justin Kurzel, Ayesha per James Gunn e co-protag. del le Carré di S.Bier, "the Night Manager") che, a proposito di realtà incrociate, è un picassiano incrocio tra Kate/Rooney Mara, Gwyneth Paltrow, Morena Baccarin e Rosamund Pike.

 

 

Il vero, reale, autentico paradosso (il dio pastafariano strizzerà scroto e ovaie a chi s'ostina ad usare questa parola senza sapere cosa cazzo significhi in realtà, perché cosa minchia ci sarebbe di paradossale in 'sto film me lo devono proprio dire, individuare, indicare, spiegare) di questo terzo atto è tutto extra diegetico: porta la parola "paradosso" nel titolo senza averne ombra e traccia e – come già spiegato - paradossalmente nasce proprio dall'incontro di 2 universi (il nucleo concettuale dell'opera): lo script originale, una storia a sé stante, indipendente dal CloverVerse, e JJ dotato di timbro "Cloverfield" pronto a stamparlo su ogni pagina della sceneggiatura (a riprese in corso...).

Il gastrico gomitolo di lombrichi, la bussola giroscopica tra gl'intestini tenue e crasso, la bionda cronenberghianamente incorporata allo scafo interno della stazione orbitante [questi fatti, tra l'altro, non possono essere una casualità (è statisticamente impossibile che le due ISS 2.0 si trovassero nello stesso millimetrico punto della loro orbita al momento dell'incidente, e ancor più che nell'altro universo terrario e sistema di guida occupassero lo stesso spazio stomaco-ventrale russo), ma solo un gesto scentemente architettato e voluto...dal Mostro degli Spaghetti Volante], l'occhio...

...ballerino (sintomo di una seconda personalità non del tutto estranea all'identità principale...o di un imminente s-ciopone), l'addamsiano braccio (Mano/Thing) senziente, l'anomalia magnetica che rende la pasta magnetica un'inconsapevole arma, etc..., sono solo tanto le ultime fra le "domande" senza risposta (in perfetto stile JJ) che “sostengono” il film (mentre il fastidiosissimo generarsi e propagarsi di onde sonore nel vuoto invece è solo la solita compromissoria sciatteria consapevole) quanto gli ultimi dei problemi, compreso il classico "se ha preso un colpo in testa e gli è venuta l'amnesia la soluzione è...un altro bel colpo in testa" che risolve sempre tutto, né più né meno come il buon, caro, vecchio "hai provato a spegnere e riaccendere?".

 

 

La del tutto scollegata dal resto presenza della ragazzina [elemento inserito anche per, del tutto gratuitamente, contribuire alla cementificazione della presa di coscienza decisionale da parte del marito di Hamilton, la protagonista, sul da farsi rispetto alla tragedia che ha colpito la loro famiglia, e, collateralmente, per lavorare di assonanza compartimentata (la ragazzina e Hamilton non entrano, mai, in contatto) sullo spettatore relativamente al parallelo percorso decisionale intrapreso dalla protagonista riguardo alla sua esistenza/presenza tangibile nell'ambi-verso] è un'inserzione talmente sganciata dal contesto e calata dall'alto/nulla da risultare quasi... - ehm... - paradossalmente... - ehm... - una lodevole unione d'intenti tra il “ci è” e il “ci fa”, non pienamente disprezzabile.

Buona prova d'attore per Aksel Hennie, il russo Volkov: bravo. Gugu Mbatha-Raw, Hamilton, se la cava bene come carattere principale, riuscendo a conferire un po' di struggimento al suo personaggio (il "futuro" generatore portatile di energia è la nostra stufetta elettrica o a combustibile, ed entrambi causano, utilizzati per comodità e/o per crisi economica, morti domestiche). Daniel Bruhl ha quella faccia lì, giusta per il ruolo, da asfissiatore di scimmie cercopiteche giavanesi (macachi cinomolghi) e cavie umane (Homo stupidus stultus ssp. desperatus) volontarie (nell'altro universo, per carità, ché nel “nostro” (?) sembra il dottor Schweitzer). Chris O'Dowd ci mette del suo, ma lo script è quel che è. John Ortiz (il Turo Escalante di "Luck" e prossimamente nel "Ad Astra" di James Gray, scritto con l'Ethan Gross di "Fringe". Nota a margine: finalmente un film di SF per il regista di "Two Lovers"! L'ho sempre detto, io, che prima o poi...) più che sottotono è sprecato. Ultima nota di merito per Ziyi Zhang: perché si. 

 


A montarlo sono stati chiamati in tre [il veterano Alan Baumgarten (American Hustle, Trumbo, Joy, Molly's Game) coadiuvato dai più giovani - tutti appartenenti alla Kelvin TimeLine di Star Trek e/o al CloverVerse - Matt Evans e Rebecca Valente], quando in realtà ne bastava uno che avesse saputo scrivere qualcosa di decente. Fotografia in modalità grigio-bluastra automatica, as usual, di Dan Mindel [Tony Scott e il JJ di Star Trek (I e II) e Star Wars (VII)]. Musiche del Bear McCreary di “BattleStar Galactica”, ma son lontani i tempi di, e qui il nostro si limita a svolgere il compit(in)o assegnatogli.

In un altro universo probabilmente un me altro da sé un po' più pirla gli avrebbe dato un 6 (***) pieno, o quasi, ma siamo in questo universo (che non beneficia di alcun genere di ret-con), perciò ciccia: **¾ - 5½   

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